I contributi previdenziali versati dal notaio alla Cassa in relazione agli onorari pagati dai clienti sono deducibili dai redditi, in quanto spese strettamente inerenti l’attività professionale. (Cass. Civ., Sez. VI-T, sent. n. 321 del 10 gennaio 2018)

I contributi versati dai notai alla Cassa Nazionale del Notariato sugli onorari loro spettanti sono indubbiamente inerenti, e cioè connessi, all’attività professionale svolta, non potendosi limitare il concetto di inerenza alle sole spese necessarie per la produzione del reddito ed escluderlo per quelle che sono una conseguenza del reddito prodotto. Tale distinzione non si rinviene nella legge e non è neppure ricavabile dall’aggettivo inerente utilizzato dal legislatore, in quanto esso, per la sua genericità, postula un rapporto di intima relazione tra due cose o idee che si può verificare sia quando l’una sia lo strumento per realizzare l’altra sia quando ne sia l’immediata derivazione.

Commento

(di Daniele Minussi)
V'è invero da stupirsi che sia stata necessaria una pronunzia, per di più della S.C., su una questione che dovrebbe essere degradata, da un punto di vista logico, a mera evidenza. Premesso che il notaio, nel momento in cui stipula un atto, è tenuto ad inserirlo nel proprio repertorio e che tale operazione si accompagna alla generazione di alcuni dati (onorario dell'atto, quota di tale onorario da versare alla Cassa, tassa archivio), la quale conduce all'automatica insorgenza dell'obbligazione di versare (entro un termine specifico) mediante assegno circolare all'archivio notarile i contributi in parola, non si vede come essi potrebbero non essere dedotti dai redditi tassabili. A meno di non voler introdurre il criterio per cui vengano tassati i ricavi, senza voler considerare i costi.

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