Acquisto e susseguente ristrutturazione di appartamento cointestato ad entrambe i coniugi effettuato con denaro personale di uno soltanto. Intestazione fiduciaria o donazione indiretta? (Cass. Civ., Sez. III, sent. n. 24160 del 4 ottobre 2018)

L'attività con la quale il marito fornisce il denaro affinché la moglie divenga con lui comproprietaria di un immobile è riconducibile nell'ambito della donazione indiretta, così come sono ad essa riconducibili, finché dura il matrimonio, i conferimenti patrimoniali eseguiti spontaneamente dal donante, volti a finanziare lavori nell'immobile, giacché tali conferimenti hanno la stessa causa della donazione indiretta. Tuttavia, dopo la separazione personale dei coniugi, analoga finalità non può automaticamente attribuirsi ai pagamenti fatti dal marito o alle spese sostenute per l'immobile in comproprietà, poiché in tale ultimo caso non può ritenersi più sussistente la finalità di liberalità e tali spese dovranno considerarsi sostenute da uno dei comproprietari in regime di comunione, con l'applicazione delle regole ordinarie ad essa relative. Conseguentemente, il coniuge comproprietario potrà ripetere il 50% delle spese che ha sostenuto per la conservazione ed il miglioramento della cosa comune, purché abbia avvisato preliminarmente l'altro comproprietario e purché questi, a fronte di un intervento necessario, sia rimasto inerte.
Al credito vantato da un coniuge separato nei confronti dell'altro per la restituzione di somme pagate per spese relative ad un immobile in comproprietà con l'altro coniuge, non si applica la sospensione della prescrizione ex art. 2941, n. 1 c.c., dovendo prevalere sul criterio ermeneutico letterale un'interpretazione conforme alla "ratio legis", da individuarsi, tenuto conto dell'evoluzione della normativa e della coscienza sociale e, quindi, della valorizzazione delle posizioni individuali dei membri della famiglia rispetto alla conservazione dell'unità familiare e della tendenziale equiparazione del regime di prescrizione dei diritti post-matrimoniali e delle azioni esercitate tra coniugi separati. Nel regime di separazione, infatti, non può ritenersi sussistente la riluttanza a convenire in giudizio il coniuge, collegata al timore di turbare l'armonia familiare, poiché è già subentrata una crisi conclamata e sono già state esperite le relative azioni giudiziarie, con la conseguente cessazione della convivenza.

Commento

(di Daniele Minussi)
Il marito acquista con denaro proprio un appartamento, intestandolo anche alla moglie. Successivamente provvede, sempre facendo uso di denaro personale, a ristrutturarlo, proseguendo con l'effettuazione di esborsi anche dopo la crisi coniugale sfociata con la separazione personale. La vertenza susseguente vede la contrapposizione della tesi del marito, che pretenderebbe di recuperare la proprietà esclusiva del bene immobile, alla moglie che resiste a tale domanda eccependo la comune proprietà. Prevale quest'ultima, sulla scorta che non si tratta di intestazione fiduciaria del bene immobile (d'altronde tale pattume fiduciae non sarebbe risultato da alcun elemento), bene' di donazione indiretta delle somme utilizzate sia per provvedere all'acquisto del bene (sostanzialmente secondo lo schema dell'adempimento di terzo di cui all'art. 1180 cod.civ.), sia per quanto attiene alle spese di ristrutturazione, quantomeno fino al tempo della separazione personale tra detti coniugi. Successivamente a tale tempo, invece chi paga la ristrutturazione dell'immobile comune può ripetere dall'altro le spese sostenute.

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