Nozione e natura giuridica della mediazione



Ai sensi dell'art. 1754 cod.civ. viene considerato mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, in difetto di qualsiasi vincolo di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza rispetto alle medesime.
Il codice civile non fornisce dunque una definizione della mediazione, bensì del mediatore. Il mediatore viene appunto qualificato come tale proprio perché sta nel mezzo, in posizione di equidistanza rispetto alle parti, limitandosi a farle entrare in contatto e ad agevolare la conclusione dell'accordo negoziale.
La scelta del legislatore non appare casuale: essa sembra motivata dall'intento di non prendere una precisa posizione sulla natura giuridica della mediazione, ciò che rappresenta il nodo problematico di maggiore rilevanza in materia.
Per comprenderne la portata è possibile fare due esempi pratici di mediazione:
1. Tizio si reca presso una agenzia immobiliare allo scopo di porre in vendita il proprio appartamento;
2. Caio, mediatore, chiama telefonicamente Tizio (che nulla gli ha richiesto) perché sa che intende vendere un appartamento e lo mette in contatto con Sempronio, di cui conosce le esigenze di acquisto.
Nel primo caso è chiaro che Tizio conferisce un espresso incarico al mediatore; nel secondo invece la situazione è assai meno chiaramente qualificabile.
Corrisponde o meno la mediazione ad un contratto ovvero deve essere confinata in un diverso ambito? Esiste in proposito una vasta gamma di opinioni: a fronte di chi parla di contrattonota1 , v'è chi reputa che le obbligazioni scaturenti dalla mediazione siano riconducibili ad essa concepita come mero atto giuridico nota2. In altri termini sarebbe la legge a connettere allo svolgimento di una determinata attività specifiche conseguenze giuridiche (quali l'obbligo di corrispondere il compenso a fronte della conclusione dell'affare con il soggetto presentato dal mediatore). Prevale tuttavia in dottrina il parere che riporta la mediazione all'ambito contrattuale nota3. La questione più rilevante si pone con riferimento all'individuazione del momento perfezionativo dell'accordo negoziale.
V'è infatti chi riporta il momento di formazione del consenso al primo contatto con una sola delle parti nota4, chi piuttosto lo riferisce al tempo in cui il contatto è intervenuto con entrambe le parti che abbiano conferito l'incarico al mediatore nota5. Accogliendo la prima tesi è chiaro che si finisce per spezzare l'unità della figura, di fatto venendosi a creare due diversi rapporti. Tutto ciò ancora non basta. Anche cioè descrivendo la mediazione nei termini riferiti, non è ben chiaro quando possa dirsi raggiunto il perfezionamento del vincolo: con il primo contatto tra mediatore e il soggetto che intende valersi della sua opera ovvero con il conferimento dell'incarico?
Si pensi a Tizio che, desiderando vendere un appartamento, conviene un incontro con Caio, mediatore, allo scopo di verificare le condizioni alle quali è possibile concludere l'affare. E' sufficiente questo contatto per ritenere che scaturiscano le obbligazioni previste in capo alle parti nell'ambito della mediazione? E' logico sostenere che occorra qualche cosa di più: che cioè sia indispensabile il conferimento di un incarico, ciò che ben può avvenire verbalmente o per facta concludentia (e questo spiega come spesso si parli di rapporti di fatto), ogniqualvolta in concreto le parti si comportino in modo tale da palesare il raggiungimento di un accordo nota6. Ad esempio, nel caso ipotizzato Tizio, dopo aver discusso con Caio delle condizioni alle quali è possibile vendere, riceve Caio insieme ad un potenziale acquirente allo scopo di mostrare l'appartamento da vendere.
La giurisprudenza sul punto appare soprattutto preoccupata di precisare che il diritto al compenso per il mediatore scaturisce dall'aver posto in contatto le parti che, pur successivamente, hanno tra di loro concluso l'affare (Cass.Civ. Sez. II 5212/83 ; Cass.Civ. Sez. II 3057/80 ). Si giunge a concludere addirittura nel senso della natura non contrattuale della mediazione : le obbligazioni conseguenti scaturirebbero, come detto, direttamente dalla legge, in relazione al semplice perfezionamento del contratto tra le parti quale effetto dell'opera del mediatore (Cass.Civ. Sez. III 11384/91). Ciò non esclude che il mediatore possa anche essere investito di poteri rappresentativi da una delle parti, senza tuttavia che egli sia obbligato a porre in essere la propria attività, ciò che condurrebbe ad una qualificazione del rapporto in chiave di mandato ( Cass. Civ. Sez. III, 24333/2008).
Non è tuttavia escluso che si possa parlare di mediazione anche quando una soltanto delle parti interessate abbia conferito incarico di rinvenire un soggetto interessato a concludere uno specifico affare (c.d. mediazione unilaterale atipica, che non sfugge all'applicabilità della normativa specificamente dettata in materia: cfr. Cass. Civ. Sez. III, 19066/06). L'orientamento è stato successivamente ribadito dalle SSUU (Cass. Civ., Sez. Unite, sent. n. 19161/2017).
La Legge 39/89 (Modifiche ed integrazioni alla L. 253/58 , concernente la disciplina della professione di mediatore) ha dettato una speciale disciplina in materia. La mediazione è divenuta un'attività esclusivamente riservata a soggetti dotati di una specifica qualifica ed iscritti in un albo appositamente istituito. Ai sensi dell'art. 2 della legge citata tutti coloro che esercitano l'attività di mediazione, professionalmente o anche occasionalmente, debbono sostenere un apposito esame ed iscriversi nel
predetto ruolo a pena delle sanzioni di cui all'art. 8 della l. cit.. Con D.P.R. 28 luglio 2000, n.287 , emanato in attuazione dell'art. 16 della L. 108/96 (c.d. legge "antiusura") è stata inoltre dettata una specifica disciplina per l'attività di mediazione creditizia, riservata a soggetti iscritti in albo speciale tenuto presso l'UIC (Ufficio italiano cambi).
Anche in esito alla soppressione del ruolo dei mediatori di cui all'art.2 della predetta legge, operato dal d.lgs 26 marzo 2010 n.59 è tuttavia rimasto fermo l'impianto di base della disposizione, essendosi disposto che le attività in parola siano assoggettate a segnalazione certificata di inizio attività da presentare alla CCIA corredata dalle certificazioni attestanti il possesso dei requisiti (con la conseguente iscrizione nel registro delle imprese ovvero, se l'attività è prestata in maniera occasionale, nel REA).
Gli interventi normativi citati hanno sostanzialmente cambiato il modus operandi del mediatore. Non è più il caso di Tizio che, sapendo del bisogno di Caio di trovare un appartamento e che Sempronio ne dispone uno dalle caratteristiche idonee, segnala informalmente la cosa ad entrambi. Oggi il mediatore deve possedere specifici requisiti professionali ed è difficile che la sua attività si esaurisca nel minimum consistente nel far conoscere le parti agevolando la conclusione dell'affare. L'opera di mediazione si specifica in una prestazione complessa che ha a che fare con la consulenza giuridica, con l'approfondimento di tematiche di natura urbanistica e fiscale, di assistenza nelle fasi preparatorie e successive alla stipulazione del contratto. Qual è attualmente la portata della disciplina prevista dal codice civile? Sembra ragionevole sostenere che, pur dovendosi ribadire la centralità della mediazione in genere (conformemente al modo di disporre dell'art. 1754 cod. civ. ), come attività finalizzata nel porre in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, in alcuni settori, quali l'intermediazione immobiliare, essa si configura necessariamente come complessa.
La possibilità che, ai sensi del III comma dell' art. 3 L. 39/89, agli agenti immobiliari iscritti nella apposita sezione del ruolo vengano affidati incarichi di perizia e consulenza tecnica in materia immobiliare da parte di enti pubblici ovvero l'ulteriore previsione di cui al IV comma dello stesso articolo (ai sensi della quale gli agenti immobiliari iscritti nella apposita sezione del ruolo possono essere inclusi nel ruolo dei periti e degli esperti, tenuto dalle CCIAA e negli elenchi dei consulenti tecnici presso i tribunali) viene a configurare invece un ulteriore novero di mansioni, tradizionalmente estranee alla competenza del mediatore, che si giustificano in funzione dell'accresciuta complessità della sua opera e dello specifico livello di preparazione che gli è richiesto nel settore immobiliare. Sembra tuttavia che questi incarichi debbano essere concepiti come del tutto autonomi rispetto alla mediazione, essendo piuttosto riconducibili a contratti d'opera professionale (perizie contrattuali, consulenze tecniche d'ufficio). Ancora oggi pure i mediatori professionali dovrebbero essere qualificati, nell'ambito dell'attività tipica, come imprenditori e non come professionisti intellettuali nota7.
La mediazione in affari su merci o su titoli è soggetta ad una speciale disciplina (art. 1760 cod.civ.). In particolare il mediatore è soggetto agli speciali obblighi di cui alla norma riferita. L'inadempimento viene colpito dalle sanzioni di natura amministrativa di cui all'art. 1764 cod.civ., come modificato dall'art. 32 della L. 689/81.

Note

nota1

Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.1085; Minervini, Mandato, commissione, spedizione, agenzia e mediazione, in Riv.proc.civ., 1948, p.668.
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nota2

In questo senso Cataudella, Note sulla natura giuridica della mediazione, in Riv.dir.civ., 1978, p.65; Catricalà, La mediazione, in Tratt. dir.priv., diretto da Rescigno, vol.XII, Torino, 1985, p.409; Ferri, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1991, p.768. In questo senso potrebbe spingere anche la considerazione della giurisprudenza che àncora alla semplice effettuazione della attività del mediatore che poi si sia concretata nel perfezionamento dell'affare, indipendentemente da un preventivo accordo, la spettanza della provvigione (Cass. Civ. Sez. III, 7253/02).
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nota3

Così Azzolina, La mediazione, in Tratt. dir.civ.it., diretto da Vassalli, vol.VIII, Torino, 1955, p.18 e Stolfi, La mediazione, in Comm.cod.civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1956, p.12.
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nota4

Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, vol.V, Milano, 1972, p.72; Varelli, La mediazione, Napoli, 1953, p.20.
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nota5

Stolfi, La mediazione, cit., p.11; Manca, Della mediazione, in Comm.cod.civ., diretto da D'Amelio, Finzi, Libro II, Firenze, 1947, p.544.
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nota6

Così Ponzanelli, in Comm.cod.civ., diretto da Cendon, vol.IV, Torino, 1999, p.1358.
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nota7

La prevalente opinione dottrinale (cfr. per tutti Mirabelli, Dei singoli contratti, in Comm.cod.civ., Libro IV, Torino, 1991, p.674) tende invece a ravvisare soltanto eccezionalmente nel mediatore professionale un imprenditore commerciale: l'attività d'impresa non costituirebbe dato intrinseco e necessario nell'opera di mediazione.
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Bibliografia

  • AZZOLINA, La mediazione, Torino, Tratt.dir.civ. diretto da Vassalli, VIII, 1955
  • CATAUDELLA, Note sulla natura giuridica della mediazione, Riv.dir.civ., 1978
  • CATRICALA', La mediazione, Torino, Tratt.dir.priv. diretto da Rescigno, XII, 1985
  • FERRI, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1996
  • MANCA, Della mediazione, Firenze, II, 1947
  • MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, 1972
  • MINERVINI, Mandato, commissione, spedizione, agenzia e mediazione, Riv. proc.civ. , 1948
  • MIRABELLI, Dei singoli contratti, Torino, Comm. cod. civ., vol. IV, 1968
  • PONZANELLI, Torino, Comm.cod.civ. diretto da Cendon, IV, 1999
  • STOLFI, La mediazione, Bologna - Roma, Comm.cod.civ. a cura di Sciloja e branca, 1956
  • VANZETTI, Osservazioni sulla successione nei contratti relativi all'azienda ceduta, Riv.soc., 1965
  • VARELLI, La mediazione, Napoli, 1953

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