Riabilitazione parziale



Si parla di riabilitazione parziale con riferimento al II comma dell'art. 466 cod.civ. , ai sensi del quale l'indegno, quand'anche non espressamente riabilitato, "se è stato contemplato nel testamento quando il testatore conosceva la causa dell'indegnità, è ammesso a succedere nei limiti della disposizione testamentaria".

Disputata è la valenza e la natura giuridica della fattispecie. Secondo un'opinione verrebbe in esame una riabilitazione implicita o tacita nota1. Accanto alla figura della riabilitazione (totale) espressa, di cui al I comma dell'art.466 cod.civ. , si porrebbe dunque una riabilitazione (parziale) per fatti concludenti. Si fa presente al riguardo come, anche in questo secondo caso, occorra pur sempre che il disponente conosca la causa di indegnità che affligge il beneficiario. A parere di altri, in detta ipotesi l'indegnità non verrebbe meno per effetto della disposizione in favore dell'indegno nota2. L'argomento più forte a sostegno di questa tesi consisterebbe nel rilievo secondo il quale la disposizione appronterebbe un effetto del tutto precario. Sarebbe infatti sufficiente che intervenisse un nuovo testamento con il quale si disponesse in maniera differente, ovvero una revoca espressa della precedente volontà, per eliminare il beneficio in favore dell'indegno. Ciò a differenza di quanto è possibile riferire per la riabilitazione formalmente accordata, i cui effetti non sembrerebbero revocabili nota3.

A ben vedere le discussioni che sono state condotte sul punto (a tacere della querelle sulla eventuale possibilità di distinguere una riabilitazione tacita da una riabilitazione parziale) sono accomunate da un punto: la qualificazione delle due ipotesi di cui al I ed al II comma dell'art.466 cod.civ. sul medesimo piano per quanto attiene alla natura giuridica negoziale. Non è stata esplorata un'altra possibile via: quella cioè di escludere la natura negoziale della riabilitazione parziale, degradandola a mero atto giuridico. In buona sostanza quando il testatore, consapevole della causa di indegnità di un successibile, dispone a favore di costui o con un legato o istituendolo erede, la negozialità del di lui contegno attiene esclusivamente a questa manifestazione di intento liberale. Sicuramente detta volontà si palesa incompatibile con la condizione di esclusione dalla successione che si produce per effetto dell'indegnità. E' dunque la legge che si incarica in tal caso di rimuovere la causa di esclusione, ma soltanto ed esclusivamente nei limiti del beneficio. Ciò che conta è che un siffatto effetto proceda direttemente dalla legge e non in quanto direttamente investito da volizione del testatore nota4. L'istituzione d'erede o il legato sono atti aventi natura negoziale che valgono come tali ed ai quali, sotto altro profilo, viene annessa normativamente efficacia ulteriore nota5. D'altronde non è neppure sempre vero che gli effetti siano parziali. Cosa riferire di quel lascito che in concreto venga ad attribuire all'indegno beni di valore superiore alla legittima o alla quota riservatagli secondo le regole della successione ab intestato, quando non addirittura in modo da ledere l'altrui quota di riserva? Dovrebbe tale "riabilitazione" essere considerata totale o addirittura "più che integrale"?

In definitiva quella che viene appellata come riabilitazione parziale costituisce l'effetto normativo di una disposizione testamentaria che benefici il soggetto la cui condizione di indegnità, nota al disponente, non può dirsi rimossa. Essa è latente e ben può tornare a manifestarsi quando l'ereditando avesse a ripensarci, semplicemente mutando testamento.

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Note

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Sostiene infatti il Giannattasio, Delle successioni: delle successioni testamentarie (Artt.587-712), in Comm.cod.civ., Libro II, t.3, Torino, 1980, p.75, che la previsione del secondo comma dell'art.466 cod.civ. rappresenterebbe una riabilitazione implicita, mentre parlano di riabilitazione tacita l'Azzariti, Le successioni e le donazioni. Libro II del Codice civile, Napoli, 1982, p.45 ed il Bianca, Diritto civile, vol.II, Milano, 1985, p.351.
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nota2

Ferri, Successioni in generale (Artt.512-535), in Comm.cod.civ., diretto da Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1968, p.170; Cariota Ferrara, Le successioni per causa di morte, Parte generale, Napoli, 1977, p.426; Coviello, Diritto successorio, Bari, 1962, p.180.
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nota3

Così Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 2002, p.132.
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nota4

La dinamica appare simile a quella prospettabile in tema di accettazione tacita d'eredità (art.476 cod.civ. ), in cui la vendita del bene ereditario posta in essere dal chiamato è in sè considerata atto negoziale. Ciò non toglie che essa possa venir riguardata dalla legge anche per annettervi l'effetto acquisitivo dell'eredità.
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nota5

A ben vedere proprio a tale esito interpretativo, sia pure non esplicitando questo percorso, perviene la prevalente dottrina, la quale ritiene trattarsi di un mero potere riconosciuto al testatore di far pervenire qualcosa all'indegno (cfr. Cicu, Successioni per causa di morte. Parte generale: delazione ed acquisto dell'eredità. Divisione ereditaria, in Tratt. dir.civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo, Milano, vol.XII, 1961, p.108 e Ferri, Disposizioni generali sulle successioni (Artt.456-511), in Comm.cod.civ., diretto da Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1997, p.211). Si afferma, infatti, che la disposizione qui in commento non eliminerebbe l'indegnità, limitandosi a rendere efficace la disposizione testamentaria che il de cuius avesse approntato in favore dell'indegno conoscendone la condizione.
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Bibliografia

  • AZZARITI, Le successioni e le donazioni: Libro secondo del Codice Civile, Padova, 1982
  • BIANCA, Diritto civile, Milano, III, 1985
  • CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 2002
  • CARIOTA FERRARA, Le successioni per causa di morte, Parte generale, Napoli, 1977
  • COVIELLO, Diritto successorio, Bari, 1962
  • FERRI, Disposizioni generali sulle successioni, Bologna Roma, Comm.cod.civ. Scialoja Branca, 1997
  • GIANNATTASIO, Delle successioni, successioni testamentarie, Torino, Comm.cod.civ., II, 1978

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