Tribunale di Brescia del 1998 (29/04/1998)


Sussiste la responsabilità del magistrato per avere affermato un fatto incontrastabilmente escluso dagli atti del procedimento (nella specie, un giudice istruttore, aveva emesso mandati di cattura per il reato di falso in bilancio aggravato e continuato sulla base delle qualità, in realtà inesistenti, di amministratore e sindaco di una società per azioni). Il comportamento del magistrato deve essere valutato con particolare rigore nei casi in cui sia in questione uno dei valori primari di ogni convivenza civile, il bene della libertà personale espressamente garantito in tutte le sue esplicazioni dalla carta costituzionale (nella specie, la complessità del procedimento e l'elevato numero degli imputati non possono costituire valida scusante per la negligenza).Il danno morale da privazione della libertà personale è "in re ipsa" e consiste nella sofferenza fisica e psichica che la privazione stessa provoca inevitabilmente in chiunque la subisca, e per sua natura non può essere dimostrato specificatamente nella sua entità nè tanto meno quantificato in base a parametri economici non confutabili. Nella determinazione del danno risarcibile occorre tenere conto della estrema afflittività intrinseca della lesione del bene della libertà personale, della gravità e della natura del reato addebitato agli imputati anche sotto il profilo del discredito professionale, della risonanza che la vicenda abbia avuto nell'opinione pubblica per la pubblicità datale dai mezzi di informazione e per la notorietà dei personaggi coinvolti con conseguente notevole lesione della onorabilità e della reputazione degli attori.

Percorsi argomentali

Aggiungi un commento


Se vuoi aggiornamenti su "Tribunale di Brescia del 1998 (29/04/1998)"

Iscriviti alla Newsletter di WikiJus!

Iscriviti