Transazione semplice e transazione mista



Allo scopo di illustrare il concetto di transazione mista occorre riferire del modo di disporre dell'art.1965 cod.civ., il cui I° comma fornisce la nozione generale di transazione come del contratto "con il quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine ed una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro". Questa fattispecie appena descritta corrisponderebbe alla transazione c.d. "semplice", vale a dire quella mediante la quale le parti rinunziano in una qualche misura alle rispettive pretese quando esse siano tutte afferenti ai rapporti litigiosi.

Il II° comma dell'art. 1965 cod.civ. rende esplicita la possibilità che, mediante la transazione, si possano anche costituire, modificare, estinguere rapporti patrimoniali differenti rispetto a quelli che formano oggetto della pretesa e della contestazione delle parti. Si tratta della c.d. transazione "mista" che, cioè deduce anche rapporti diversi rispetto a quelli litigiosi. La cosa ha, tra l'altro, a che fare con la comprensività della nozione di "concessione", la cui reciprocità informa di sè l'elemento causale del negozio in esame.

Si pensi all'esempio di Tizio che assume di vantare a titolo di servitù il diritto di passare sul terreno di Caio mentre quest'ultimo nega che detta possibilità ;sia mai esistita. Tizio e Caio si accordano infine nel senso che quest'ultimo versi ratealmente una somma di denaro a Tizio che, a propria volta, rinunzia al preteso diritto di passo. Tizio e Caio danno vita ad un rapporto giuridico differente rispetto a quello che aveva determinato la lite: al di là della composizione del dissidio, hanno costituito un rapporto obbligatorio avente ad oggetto la corresponsione rateale di una determinata somma di denaro.

La questione che pone la transazione mista è quella della normativa di riferimento. Secondo un'opinione ad essa si dovrebbe applicare non già la disciplina dettata dal codice per la transazione, bensì quella propria del nuovo rapporto creato dalle parti nota1.

V'è invece chi ha rilevato come proprio la natura mista del contratto imporrebbe una valutazione di esso alla luce di questa qualificazione nota2. Accogliendo questa costruzione si porrebbe poi l'ulteriore scelta tra la teoria della prevalenza o dell'assorbimento e quella della combinazione (per una analisi compiuta di questa tematica occorre fare riferimento ai contratti c.d. "misti").

La prima tra le riferite impostazioni si impernia sulla natura dichiarativa della transazione. Ogniqualvolta l'accordo transattivo possiede un'efficacia diversa rispetto a quella tipica, ciò che accade quando appunto si creano, si modificano, si estinguono rapporti giuridici diversi da quelli oggetto della lite, si estrinseca un'efficienza causale che non è propria della transazione. Ne seguirebbe l'applicazione delle regole proprie del contratto o del rapporto peculiare nota3.

L'impostazione teorica che fa leva sulla natura di contratto misto conduce invece alla concorrente applicazione delle regole proprie della transazione e di quelle caratteristiche del contratto tipico al quale fare riferimento, in base alla natura concreta delle pattuizioni concluse tra le parti (vendita, somministrazione, appalto, etc.). Tra gli interpreti è questa la tesi che accoglie i maggiori favori, anche se con varie sfumature. V'è ad esempio chi osserva che alla transazione mista dovrebbe anzitutto applicarsi la normativa della transazione. Soltanto in difetto di una regola specifica per l'aspetto da considerarsi potrebbe farsi riferimento ad una norma estranea, propria di un diverso tipo contrattualenota4.

In effetti l'intera questione forse merita di essere ridimensionata, alla luce della concreta considerazione della funzione e della natura giuridica della transazione.

Sotto il profilo contenutistico e funzionale come può essere a questo riguardo definita la transazione? Non v'è chi non veda che il negozio transattivo, al di là dello scopo generico di prevenire o di porre termine ad una lite, è concretamente multiforme. A volte la reciprocità delle concessioni consiste nel trasferimento di diritti reali, in altri casi è volta a conferire stabilità ad attribuzioni di carattere divisionale (si pensi ai condividenti che litigano in relazione al valore dei beni in comunione ed alla formazione dei lotti da assegnare a ciascuno), può altresì trattarsi di vicende che si esauriscono nel novero dei rapporti obbligatori. E' infine possibile che, proprio allo scopo di chiudere la vertenza, le parti decidano di "mettere sul piatto" altri rapporti o ulteriori diritti rispetto a quelli contestati, in quanto soltanto così si riesca a chiudere la questione perchè diversamente non vi sarebbe "spazio di manovra" (c.d. transazione "mista"). Le cose dette si armonizzano con la disciplina normativa che il codice civile ha predisposto in tema di transazione. A ben vedere si tratta di una serie di regole volte a disciplinare unicamente aspetti peculiari, legati all'incidenza di specifici eventi (quali la nullità del titolo, la falsità dei documenti, il giudicato formatosi precedentemente sulla questione, la temerarietà della pretesa, l'errore di fatto o di diritto in cui sia caduta una delle parti, l'inadempimento o l'eccessiva onerosità delle prestazioni dedotte) per lo più riferite ad aspetti patologici. Non è casuale l'assenza di una disciplina attinente alla fisiologia degli effetti che l'atto è in grado di produrre proprio perchè il legislatore aveva ben presente la natura puramente funzionale dell'accordo transattivo, che ben può assumere le connotazioni causali di una vasta gamma di pattuizioni tipiche ed anche atipiche (cosa riferire di una transazione che deducesse tra le attribuzioni anche una locazione finanziaria o leasing che dir si voglia?)

Cosa implicano queste osservazioni?

Esse comportano il fatto che si possa considerare dato intrinseco e costante rispetto alla struttura stessa della transazione la produzione di effetti tipici di altri schemi negoziali (quali la permuta, la vendita, la divisione, l'appalto, la somministrazione, etc.). Non è dunque questo l'elemento di distinzione tra la transazione c.d. "semplice" e quella "mista". Anche la prima è connotata da questo aspetto composito della causa. Il riferimento al contratto misto non può dirsi pertanto soddisfacente se non da un punto di vista semplicemente descrittivo, non evocando un dato tipico della transazione mista. Quest'ultima si caratterizza rispetto a quella semplice piuttosto per un altro dato: quello cioè di assumere in considerazione rapporti o diritti diversi rispetto a quelli potenzialmente o attualmente litigiosi.nota5

In questo senso il II° comma dell'art. 1965 cod.civ. svolge semplicemente la funzione di chiarire che l'accordo che coinvolge rapporti o situazioni differenti rispetto a quelle controverse deve pur sempre essere qualificato come transazione e sottoposto alla relativa disciplina.

Note

nota1

Così Valsecchi, Il giuoco e la scommessa. La transazione, in Tratt. dir.civ. e comm. diretto da Cicu e Messineo, XXXVII, Milano, p.385.
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nota2

Santoro Passarelli, La transazione, Napoli, 1986, p.75.
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nota3

D'Onofrio, Della transazione, in Comm.cod.civ., a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1959, p.223.
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nota4

Gitti, L'oggetto della transazione, Milano, 1999, p.184.
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nota5

In questo senso anche Franceschetti, De Cosmo, I singoli contratti, Napoli, 1998, p.641, per i quali "la transazione mista non è altro che una normale transazione il cui oggetto è caratterizzato dal fatto di essere più ampio di quello della lite".
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Bibliografia

  • D'ONOFRIO, Della transazione, Bologna - Roma, Comm.cod.civ. a cura di Scialoja e branca, 1959
  • FRANCESCHETTI-DE COSMO, I singoli contratti, Napoli, 1998
  • GITTI, L'oggetto della transazione, Milano, 1999
  • SANTORO PASSARELLI, La transazione, Napoli, 1986
  • VALSECCHI, Il giuoco e la scommessa. La transazione, Milano, Trattato Cicu-Messineo, XXXVII, 1986

Prassi collegate

  • Quesito n. 84-2015/T, Tassazione di transazione con pagamento contestuale di somme

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