Relativamente ai requisiti di efficacia dell'atto negoziale è praticabile una prima e più rilevante differenza tra
requisiti legali, cioè previsti dalla legge come necessari e indefettibili e
requisiti volontari, vale a dire liberamente apponibili dalle parti.
Questa libertà di inserimento corrisponde, in buona approssimazione, alla caratteristica della
accidentalità, locuzione per il cui tramite si è soliti qualificare le clausole che conferiscono rilevanza a dette pattuizioni
nota1 .
Appartengono al novero dei requisiti legali di efficacia i c.d.
presupposti legali di efficacia, nel cui novero si è soliti comprendere le autorizzazioni tutorie (si pensi alle ipotesi in cui è indispensabile ai fini dell'atto munirsi dell'autorizzazione del giudice tutelare per l'acquisto di beni, la riscossione di capitali, l'accettazione di eredità, etc., da parte del tutore) e le c.d.
condiciones iuris (quali l'omologazione etc.)
nota2.
Devono comprendersi invece nella categoria dei
requisiti volontari gli elementi accidentali che si identificano
nella condizione, nel termine e nel modo nonché il c.d.
presupposto (volontario di efficacia) e la
presupposizione.
Anche questi ultimi non possono essere considerati elementi costitutivi, dunque essenziali, dell'atto: si tratta di clausole la cui operatività si svolge sul piano degli effetti del negozio e non su quello dell'esistenza del medesimo.
Note
nota1
Cfr.Betti, Teoria generale del negozio giuridico, Napoli, 1994, p.502 il quale rileva che il carattere accidentale si giustifica con l'estraneità di dette clausole rispetto alla struttura essenziale di una fattispecie negoziale tipica, anche se ciò non impedisce che le stesse assumano carattere essenziale rispetto al negozio concreto (posto in essere dalle parti) in cui vengono concretamente ad inserirsi.
top1nota2
Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.271.
top2Bibliografia
- BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, Napoli, 1994