Patti sulle imposte sui redditi



Con riferimento alle imposte sui redditi, là ove la rivalsa è obbligatoria (ad esempio, art. 23 D.P.R. n. 600/1973 per redditi di lavoro dipendente), è da ritenere nulla una forma palese di traslazione economica dell’imposta da un soggetto (sostituito) ad un altro (sostituto). Nell’ambito della rivalsa mediante ritenuta alla fonte è stata, infatti, rilevata la necessità di separare le posizioni del soggetto passivo della rivalsa (sostituito) da quelle del soggetto attivo (sostituto). Per quanto concerne la posizione del primo, cioè quella di soggezione al prelievo, la liceità del patto di non obbligatorietà della rivalsa lede il principio della capacità contributiva, rimettendo alla discrezionalità del sostituto se incidere o meno il sostituito con l’onere tributario nota1.

In buona sostanza verrebbe modificato il quantum del debito tributario del soggetto passivo, con l’effetto di erogare un maggior compenso non tassato con violazione del precetto costituzionale della capacità contributiva (art. 53) e per contrarietà con le norme imperative che dispongono la personalità e progressività dell’IRPEF (art. 1418 cod. civ.) nota2.

Resta ferma, invece, la validità di quei patti che non alterano il meccanismo dell’imposta, ma assumono l’imposta come elemento che concorre a determinare effetti di diritto privato. È, quindi, valido un patto che assicura un compenso al netto dell’IRPEF in quanto si limita a determinare il compenso tassabile aumentato in misura tale da corrispondere, al netto dell’imposta, quanto pattuito dalle parti. Ad esempio, è valido il patto tra Tizio e Caio che, volendo assicurare a Tizio un reddito al netto della ritenuta del 20% pari a 150 euro, determini il compenso lordo tassabile in euro 150 (150 - 30 (20% di 150) = 120); è invece nullo il patto in base al quale a Tizio sia corrisposto un compenso di 120 con l’obbligo di Caio di farsi carico dell’onere tributario. In tal ipotesi, infatti, il reddito complessivo imponibile di Tizio sarebbe determinato tenendo conto di 120, quando in realtà è superiore.

Note

nota1

Cfr. L. Salvini, Rivalsa, in Rass. trib. n. 2/1996, p. 298.
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nota2

Cfr. Cass. 23 aprile 1987, n. 3935 e, in dottrina, R. Lupi, Diritto Tributario, Parte generale, ottava edizione, Milano, 2005 p. 257.
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