Occorre interrogarsi circa l'oggetto della comunione in senso proprio. L'art.
1100 cod.civ.
riferisce l'istituto alla proprietà e genericamente agli altri diritti reali. Secondo un'opinione
nota1 non potrebbe configurarsi comunione se non per i diritti connotati dall'esclusività, per tale intendendosi l'incompatibilità di un concorrente eguale diritto da parte di un altro soggetto sul medesimo oggetto. Non sarebbe pertanto atto a ricadere in comunione la servitù: anche nel caso di appartenenza in comune del fondo dominante a più comproprietari, si riscontrerebbe piuttosto una titolarità solidale e non comunione. Ciò a cagione del difetto del requisito dell'esclusività in forza della quale ciascun comproprietario del fondo dominante non sarebbe limitato in ragione della propria quota nell'esercizio della servitù, avendo la possibilità di esercitarne per intero il contenuto.
Questo parere non può essere accolto
nota2 in quanto sembra non tener conto di una regola che è propria della comunione in generale. Ai sensi dell'art.
1102 cod.civ. infatti ogni soggetto partecipante può servirsi della cosa comune, purchè non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Il principio non può che importare un utilizzo della cosa apportata alle caratteristiche del diritto in comunione ed all'
utilitas che il bene è idoneo a produrre. Nell'ipotesi della servitù è di tutta evidenza che la fruizione ad esempio del passo carraio interviene per intero per ciascun titolare del fondo dominante ed è tale da consentire un analogo esercizio del diritto da parte di ciascuno.
Accanto alla comunione ordinaria si pongono specie di comunioni per così dire speciali, in quanto connotate da elementi peculiari (la provenienza successoria, l'avere ad oggetto un fabbricato all'interno del quale trovano allocazione unità immobiliari appartenenti in proprietà esclusiva a ciascuno dei contitolari pro quota degli enti comuni): tali la
comunione ereditaria ed il
condominio.
Per quanto invece attiene alla proprietà immateriale (marchio, brevetto, opere dell'intelletto) non pare possibile fare ricorso alla nozione di comunione
nota3; sembra più aderente al dato normativo una qualificazione in chiave di
contitolarità solidale. Si tratta di situazioni di coesistenza del diritto in capo a più titolari connotate dalla compatibilità della sussistenza e dell'esercizio di una pluralità di eguali diritti e poteri.
Ogni contitolare può procedere all'esercizio del diritto senza limitazione di quota sia nel senso di esercitare interamente la facoltà negativa d'impedire ai terzi lo sfruttamento del bene immateriale (opere dell'ingegno oppure invenzioni industriali) sia nel senso di procedere positivamente al suo sfruttamento.
Non può parlarsi di comunione in senso proprio neppure in relazione alla c.d.
comunione di godimento, consistente nella contemporanea sussistenza di una pluralità di diritti reali sul medesimo bene, tutti in grado di assicurare ai rispettivi titolari il materiale godimento della cosa. Si ponga mente al caso di un fabbricato parte del quale appartenga in piena proprietà a Caio, per parte appartenga a Sempronio in qualità di usufruttuario, per altra parte a Mevio a titolo di diritto di abitazione. Questa situazione serve solo ad evidenziare la possibilità della convivenza di una pluralità di diritti sullo stesso bene in capo a più titolari, fenomeno estraneo rispetto alla comunione
nota4.
Infine merita che si dia conto del
fenomeno della contitolarità di diritti di credito (o del debito), sia pure limitatamente ai casi in cui la pluralità dei soggetti parte attiva (o passiva) del rapporto obbligatorio possa dirsi avvinta dal medesimo interesse sottostante (nell'ambito del fenomeno delle obbligazioni soggettivamente complesse). Il tenore letterale dell'art.
1100 cod.civ. oppone a ciò una barriera insormontabile. Per gli stessi motivi si deve respingere anche l'idea di una comunione riferita a diritti personali di godimento (locazione, comodato, anticresi) la cui struttura giuridica è comunque riconducibile ai diritti relativi. Giova rammentare che la mera cointestazione di un conto corrente bancario non determina di per sè la contitolarità delle somme che vi si trovano depositate, che ben possono appartenere ad uno soltanto dei soggetti intestatari. Si tratta, a ben vedere, di una questione di prova, sorgendo una presunzione semplice di appartenenza dei fondi ai titolari del conto (Cass. Civ., Sez. II,
11375/2019).
Note
nota1
V. Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.572.
top1nota2
Analogo parere viene espresso, tra gli altri, da Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Istituzioni di diritto civile, Genova, 1979, p.300.
top2nota3
Cfr. Fedele, La comunione, in Trattato dir. civ., diretto da Grosso-Santoro Passarelli, Milano, 1967, p.77.
top3nota4
In senso contrario si veda Bianca, Diritto civile, vol. VI, Milano, 1999, p.454. Secondo l'Autore, pur essendo indiscutibile che si tratti di una pluralità di diritti e non un unico diritto in comune, tuttavia " è in comune la facoltà di godimento della cosa, rendendo quindi applicabili le norme della comunione ordinaria".
top4Bibliografia
- BIANCA, Diritto Civile, Milano, VI, 1999
- FEDELE, La comunione, Milano, Tratt.dir.civ. Grosso e Passarelli, 1967
Prassi collegate
- Quesito n. 214-2016/I e n. 178-2016/T, Donazione di quota di srl in comproprietà e diritto di voto, applicabilità art. 3 comma 4-ter dlgs n. 346/1990
- Immobile acquistato dal coniuge imprenditore in regime di comunione legale dei beni