Il danno nelle obbligazioni pecuniarie



Per le obbligazioni pecuniarie l'art. 1224 cod.civ. prevede una regola derogatoria rispetto al principio generale in base al quale il danno, al fine del risarcimento, deve essere provato quanto all 'an ed al quantum .

Dal giorno della mora il debitore che non ha provveduto al pagamento della somma dovuta è automaticamente tenuto a corrispondere (ulteriormente rispetto alla sorte capitale) gli interessi moratori. Non occorre dunque che il creditore provi di aver subito un danno e che dia conto della misura di essonota1 .

Giova comunque osservare che l'entità degli interessi di mora potrebbe essere anche convenzionalmente prevista a titolo di penale.

L'ultima parte del primo comma dell'art. 1224 cod.civ. prevede inoltre che, nell'ipotesi in cui, anche prima della scadenza del pagamento rimasta inosservata e dunque della mora, nonostante il silenzio del contratto sul punto, fossero stati stabiliti tra le parti interessi convenzionali in misura superiore al tasso legale, gli interessi moratori sono automaticamente dovuti in misura pari a quella stabilita per gli interessi convenzionali.

Il contenuto pratico di maggiore rilevanza della norma in esame è comunque quello già riferito: quello cioè di prevedere, per l'ipotesi in cui il credito non fosse produttivo di interessi, ovvero questi fossero stati convenuti ad un tasso inferiore a quello di legge, che, dal giorno della mora, siano dovuti gli interessi moratori in misura pari a quella prevista per leggenota2 .

Quando si rifletta che, per le obbligazioni aventi ad oggetto una quantità di denaro (obbligazioni pecuniarie) la regola è quella dell'esecuzione (pagamento) presso il domicilio del creditore (III°comma art. 1182 cod.civ.) e che il n.3 dell'art. 1219 cod.civ. prevede l'automaticità della mora nell'ipotesi in cui sia scaduto il termine e la prestazione debba essere eseguita al domicilio del creditore, l'importanza della semplificazione accordata al creditore in relazione alla predeterminazione del pregiudizio subito per effetto dell'inutile decorso del termine, assume una piena ed evidente pregnanza.

Il legislatore si basa sulla naturale fertilità del denaro. E' infatti notorio che qualsiasi persona che abbia la disponibilità di una somma di denaro che prevede di incassare avendone diritto, la impiega solitamente in modo da trarne il maggior utile possibile. Si presume che ciò avvenga in misura non inferiore alla misura degli interessi legali, di modo che il debitore non ha alcuna possibilità di dare in concreto la prova di un minor danno per il creditore. La cosa in realtà non sarebbe neppure assurda come può sembrare: ciò che pare inverosimile in tempi connotati da fenomeni inflazionistici di notevole portata, può viceversa corrispondere alla prassi di tutti i giorni in tempi di deflazione, contrassegnati da tassi debitori per gli istituti di credito vicini allo zeronota3 .

L'art. 1224 cod.civ.  fa infine salva la possibilità per il creditore di provare di aver subito un maggior danno rispetto a quello forfettariamente previsto nella misura degli interessi legali. Riprendono in questo modo a vigere i principi ordinari, con particolare riferimento a quello dell'onere della prova ed alla possibilità di introdurre presunzioni. Il problema del maggior danno ai sensi del II°comma dell'art. 1224 cod.civ. assume una particolare importanza in relazione al problema della perdita di valore della moneta conseguente al fenomeno della svalutazione nota4 .

Ovviamente il ritardo può originare danni diversi da quello della perdita di valore della moneta, nella forma del danno emergente ovvero del lucro cessante. Quale esempio del primo si pensi al creditore che abbia assunto impegni economici che prevedeva di onorare con le somme provenienti dall'adempimento ed alle quali deve invece sovvenire reperendo finanziamenti presso istituti bancari, verso corresponsione di un tasso non particolarmente conveniente. Quale esempio del secondo si ponga mente alla perdita di un'occasione specialmente favorevole, consistente nell'acquisto e nella successiva rivendita di una partita di merce che avrebbe comportato per un commerciante un guadagno sicuro e rilevante.

Note

nota1

Gli interessi moratori hanno infatti una funzione risarcitoria e "costituiscono una liquidazione forfettaria minima del danno da ritardo nelle obbligazioni pecuniarie" (Bianca, Diritto civile, vol.V, Milano, 1997, p.193; similmente Breccia, Le obbligazioni, in Trattato di dir.priv., a cura di Iudica e Zatti, Milano, 1991, p.324).
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nota2

Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Istituzioni di diritto civile, Genova, 1980, p.45.

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nota3

Bianca, Dell'inadempimento delle obbligazioni, in Comm.cod.civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1979.
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nota4

Marinetti, voce Interessi, in N.sso Dig.it.,VIII, 1962, p.870.
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Bibliografia

  • BIANCA, Dell’inadempimento delle obbligazioni, Bologna - Roma, Comm.cod.civ. a cura di Branca e Scialoja, 1979
  • BIANCA, Diritto civile, Milano, V, 1997
  • BRECCIA, Le obbligazioni, Milano, Tratt.dir.priv a cura di Iudica-Zatti, vol. XXIV, 1991
  • MARINETTI, Interessi, N.sso Dig.It., VIII, 1962

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