Gli obblighi generali degli amministratori (società per azioni)



Il dovere di agire con diligenza impone agli amministratori di agire conformandosi alla natura dell'incarico, in modo informato e secondo le proprie specifiche competenze.
Nel definire tale dovere la relazione alla legge di riforma del 2003 prevede che, nell'adempimento dei doveri imposti dalla legge o dallo statuto, gli amministratori debbano usare la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico. Ciò non significa che gli amministratori debbano necessariamente essere periti in contabilità, in materia finanziaria, in ogni settore della gestione ed amministrazione dell'impresa sociale. Significa semplicemente che le loro scelte devono essere informate e meditate, basate sulle rispettive conoscenze e frutto di un rischio calcolato e non irresponsabile o negligente improvvisazione. In particolare, agire con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e in modo informato, costituiscono modalità del comportamento degli amministratori che non hanno l'obbligo di prendere decisioni corrette, bensì l'obbligo di prendere le loro decisioni previe verifiche e informazioni, soppesando i vantaggi e gli svantaggi che l'operazione può presentare per la società.

Da sottolineare la novità introdotta dalla novella del 2003, la quale prescrive per l'amministratore l'adozione di un comportamento diligente in ragione delle proprie specifiche competenze. Questo impone di differenziare la valutazione della diligenza e della responsabilità dei vari amministratori, a seconda delle competenze che essi abbiano e in ragione delle quali è avvenuta la loro nomina. Appare pertanto evidente che, al fine di giudicare la sussistenza o meno di un comportamento diligente in capo all'amministratore, sarà necessario analizzare il caso concreto, tenendo in considerazione le capacità professionali dell'amministratore stesso, valutando se la scelta operata sia stata assunta a seguito di una attenta analisi della situazione e dall'assunzione di informazioni al riguardo, nonché infine operare una analisi della difficoltà dell'operazione, il tutto, alla stregua di come si comportano normalmente gli amministratori in analoghe circostanze.

Anche l'accertamento sul corretto perseguimento dell'interesse sociale da parte del amministratore deve necessariamente partire dall'analisi del caso di specie. "L'interesse sociale" non è infatti un concetto definibile a priori. Eesso può essere rinvenuto sia in operazioni che consentono l'ottenimento di un guadagno nel breve periodo, sia in operazioni che a fronte di un'iniziale perdita, o perlomeno mancato guadagno da parte della società, le assicurano poi consistenti utili nel medio e lungo periodo. Né l'interesse sociale può essere ravvisato nel perseguimento di un profitto da parte della società. Le società per azioni sono infatti diventate strumenti fungibili e utilizzabili per le più diverse finalità, non solo per perseguire lo scopo di lucro. Proprio la genericità del concetto di interesse sociale, consente l'introduzione del tema della discrezionalità, riconosciuta agli amministratori, nell'effettuare le scelte di gestione. Sugli amministratori non incombe, come detto, l'obbligo di gestire la società senza commettere errori: essi hanno solo obbligo di adempiere a tutti i precetti di legge loro imposti, precetti che, una volta rispettati, escludono la responsabilità dell'amministratore pur in presenza di una scelta gestionale rivelatasi poi infelice. In pratica, il giudice, una volta appurato il diligente comportamento dell'amministratore, non può sindacare ex post, in base al mero risultato negativo, il merito degli atti compiuti (Cfr. Cass. Civ. Sez. I, 3483/98 ).

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