Finanziamento dedicato ad uno specifico affare (patrimoni destinati)



Ai sensi dell'art. 2447 decies cod. civ. è consentito che il contratto con il quale la società si procura un finanziamento finalizzato al compimento di un affare determinato preveda che al rimborso totale o parziale siano destinati " in via esclusiva, tutti o parte dei proventi dell'affare stesso". Lo strumento, alternativo rispetto a quello, più incisivo, costituito dalla destinazione di una parte del patrimonio sociale di cui all'art. 2447 ter cod. civ. , è contemplato espressamente alla lettera b) dell'art. 2447 bis cod. civ. e viene a sostanziare una sorta di separazione successiva, eventuale, connotata da una prevalente funzione di garanzia.

Né in esito alla deliberazione di addivenire al finanziamento, né una volta stipulato quest'ultimo il risultato è quello di aver dato vita ad un patrimonio separato. L'effetto di segregazione viene conseguito solamente in riferimento a tutti o a parte dei proventi dell'affare (e dei frutti o investimenti dei medesimi), situazione attiva che cronologicamente non può se non verificarsi in un momento susseguente rispetto a quello del perfezionamento del contratto di concessione del credito. Soprattutto non è detto che scaturiscano proventi: cosa riferire infatti dell'ipotesi in cui alla fine siano derivate soltanto perdite? La parte mutuante creditrice potrà anche essere rimborsata con attività discendenti dal patrimonio sociale (come meglio si dirà in seguito nel caso di fallimento della società ovvero di prestazione di garanzia parziale ai sensi del II comma lettera g) della norma in esame ). Si può allora concludere che la separazione manifesti la propria efficacia allo scopo di riservare i (buoni) risultati dell'affare ponendoli al servizio del debito relativo al finanziamento perfezionato per consentirne l'esecuzione. Quanto alla funzione di garanzia, la stessa emerge dal fatto che, una volta concluso il contratto di finanziamento, dunque confluita la liquidità nel patrimonio sociale, è come se la parte mutuante godesse di una causa di prelazione esplicatesi sui proventi dell'affare e volta ad agevolare il rimborso. Come infatti si affretta a spiegare l'art. 2447 decies cod. civ. che stiamo esaminando, rispettate le condizioni previste dalla norma "sui proventi, sui frutti di essi e degli investimenti eventualmente effettuati in attesa del rimborso al finanziatore, non sono ammesse azioni da parte dei creditori sociali". Inoltre "i creditori della società, sino al rimborso del finanziamento. sui beni strumentali destinati alla realizzazione dell'operazione possono esercitare esclusivamente azioni conservative a tutela dei loro diritti." Queste barriere cessano soltanto se la società avesse a fallire. In questo caso, essendo definitivamente impedita la realizzazione dell'affare, "cessano le limitazioni ed il finanziatore ha diritto di insinuazione al passivo per il suo credito".

Svolte queste premesse e salva l'ulteriore disamina conclusiva dell'aspetto relativo alla natura relativamente permeabile della separazione che si instaura una volta stipulato il finanziamento, è il momento di verificare gli elementi che, ex art. 2447 decies cod. civ. , il contratto deve contenere.

Vengono al riguardo in esame:

a) una descrizione dell'operazione che consenta di individuarne lo specifico oggetto; le modalità ed i tempi di realizzazione; i costi previsti ed i ricavi attesi;

b) il piano finanziario dell'operazione, indicando la parte coperta dal finanziamento e quella a carico della società;

c) i beni strumentali necessari alla realizzazione dell'operazione;

d) le specifiche garanzie che la società offre in ordine all'obbligo di esecuzione del contratto e di corretta e tempestiva realizzazione dell'operazione;

e) i controlli che il finanziatore, o soggetto da lui delegato, può effettuare sull'esecuzione dell'operazione;

f) la parte dei proventi destinati al rimborso del finanziamento e le modalità per determinarli;

g) le eventuali garanzie che la società presta per il rimborso di parte del finanziamento;

h) il tempo massimo di rimborso, decorso il quale nulla più è dovuto al finanziatore.

La considerazione complessiva dei punti che precedono consente di collocare l'istituto del finanziamento destinato ad uno specifico affare nell'ambito dei fenomeni di marca squisitamente economica. Si appunti l'attenzione sulla pianificazione finanziaria che deve necessariamente emergere dagli elementi sub a), b) e c). Si faccia attenzione anche alla la previsione di cui alla lettera h) relativa ad un tempo massimo di rimborso, decorso il quale non possa essere ulteriormente richiesto il rimborso da parte del finanziatore. Come è stato rilevato, ciò vale a conferire all'istituto "funzione e natura partecipativa" nota1. Il vantaggio per il mutuante difficilmente potrà scaturire dall'aspetto giuridico consistente nella separazione dei proventi dell'operazione rispetto al patrimonio sociale. Prescindendo dall'osservazione in base alla quale detta separazione si pone come del tutto provvisoria, essendo destinata a cadere quantomeno nell'ipotesi di fallimento della società, è infatti difficile ipotizzare una redditività tale da permettere alla società di far fronte al rimborso integrale del finanziamento unicamente attingendo ai redditi dell'operazione nota2 . Più probabile è che il sistema creditizio si decida a concedere liquidità utilizzando lo strumento qui in esame a fronte di condizioni economiche più vantaggiose rispetto a quelle ordinarie. In sostanza si tratterà di tassi di interesse più remunerativi o della possibilità comunque di imputare spese di gestione della pratica maggiori (discendenti anche dalla necessità di controllare che l'esecuzione dell'operazione proceda come da programma, facoltà prevista peraltro dalla lettera e) della norma in esame).

L'art. 2447 decies cod. civ. prosegue esplicitamente qualificando i proventi dell'operazione in chiave di patrimonio "separato" (e non "destinato", come invece recita la titolazione della sezione XI che pure ospita anche la norma in esame) rispetto sia a quello della società, sia a quello "relativo ad ogni altra operazione di finanziamento effettuata ai sensi della presente disposizione". Il tutto alle seguenti condizioni:

a) che copia del contratto sia depositata per l'iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese;

b) che la società adotti sistemi di incasso e di contabilizzazione idonei ad individuare in ogni momento i proventi dell'affare ed a tenerli separati dal restante patrimonio della società.

Sub a) si deve notare come non sia prevista alcuna forma di impugnativa o opposizione da parte dei creditori sociali, a differenza di quanto è dato di poter osservare in relazione alla deliberazione con la quale si da vita ad un patrimonio destinato (cfr. art. 2447 quater cod. civ. ). Sub b) si può istituire un'analogia con i principi di separata rendicontazione che l'art. 2447 ter cod. civ. prescrive alla lettera g) per la gestione del patrimonio dedicato. Anche per quanto attiene al bilancio, l'ultimo comma dell'art. 2447 decies cod. civ. dispone regole di trasparenza e chiarezza informativa più sintetiche, ma simili a quelle dettate dall'art. 2447 septies cod. civ. per i patrimoni dedicati. La norma infatti prevede che "la nota integrativa alle voci di bilancio relative ai proventi di cui al terzo comma, ed ai beni di cui al quarto comma, deve contenere l'indicazione della destinazione dei proventi e dei vincoli relativi ai beni."

Torniamo a considerare il regime di separazione proprio del finanziamento destinato ad uno specifico affare siccome emergente dal IV e dal V comma dell'art. 2447 decies cod. civ. .

Abbiamo già riferito come la segregazione abbia ad oggetto i proventi dell'operazione. In tale ristretto ambito essa produce effetti analoghi a quelli propri del patrimonio dedicato di cui alla lettera a) dell'art. 2447 bis cod. civ. .

1) Anzitutto i finanziatori possono agire in executivis unicamente sui proventi dell'affare, sui frutti di essi e degli investimenti, costituenti "patrimonio separato" nota3 .

2) V'è la possibilità di incrementare la protezione dei finanziatori approntando a loro tutela una specifica garanzia limitata soltanto ad una parte della somma concessa (cfr. II comma lett. g) art. in esame ). Che la garanzia debba essere soltanto parziale è scontato: nella misura in cui essa dovesse coprire una larga parte del credito determinerebbe il venir meno della ragione pratica dell'istituto, al quale è correlato un rischio d'impresa anche per il finanziatore;

3) Correlativamente ai creditori sociali sarà precluso di attingere ai cespiti di cui al punto 2) che precede per soddisfare i propri diritti.

4) Non del tutto perspicua è la sorte dei beni strumentali funzionali al perseguimento dell'iniziativa. Il V comma della norma in esame stabilisce infatti che i creditori della società possano soltanto esercitare su di essi azioni conservative a tutela dei loro diritti, fino al momento del rimborso del finanziamento (o della scadenza di cui alla lett. h) di cui al II comma). Se così si dispone, è giocoforza ipotizzare che anche essi, nonostante il silenzio dell'art. 2447 decies cod. civ. , facciano parte del patrimonio separato posto al servizio del debito.

5) L'affare è intrinsecamente "a termine" come l'erogazione destinata a finanziarlo. Ciò emerge con una certa chiarezza sia dalla lett. a) ("modalità ed i tempi di realizzazione"), sia dalla lett. h) ("il tempo massimo di rimborso") del II comma della norma qui in considerazione. Se l'operazione non ha generato utili, il finanziatore ne patisce: il rimborso non potrà essere ottenuto se non nei limiti del patrimonio separato. D'altronde è anche possibile che l'operazione abbia generato utili e che gli stessi, una volta soddisfatte le ragioni del finanziante, fluiscano nelle casse sociali, venendo ad incrementare il patrimonio della società.

6) Subentrando il fallimento della società, divenendo impossibile la realizzazione o la continuazione dell'affare, la segregazione viene meno. Il finanziatore ha diritto di insinuarsi al passivo per il suo credito e, inversamente, l'eventuale attivo di cui al patrimonio separato entra a far parte della massa attiva fallimentare destinata al riparto. La legge prescrive che il creditore finanziante abbia diritto ad insinuarsi per il credito residuo, vale a dire una volta depurato delle somme di cui al III e IV comma dell'art. 2447 decies cod. civ. . Ciò importerebbe la non revocabilità ex art. 67 l.f. dei ratei di rimborso già eseguiti nota4. Rimane invero dubbia l'espressione adoperata dal legislatore per l'ipotesi del fallimento qui considerata. Non è ben chiaro se il fallimento della società importi sempre e necessariamente la realizzazione o la continuazione dell'operazione ovvero se esse debbano venir valutate secondo il criterio di cui al I comma dell'art. 72 l.f. (nel suo testo in vigore dal 1 gennaio 2008 ). Probabilmente la prima è la risposta più appagante. Il fallimento importerà di per sé quantomeno la cessazione del finanziamento partecipativo, sulla falsariga di quanto disposto dall'art. 77 l.f. dettato in tema di associazione in partecipazione. Giova da ultimo rilevare come gli atti che incidono su un patrimonio destinato ad uno specifico affare sono revocabili ai sensi dell'art.67 bis l.f. quando pregiudicano il patrimonio della società. Presupposto oggettivo è la conoscenza dello stato di insolvenza della società .

Deve infine essere riferito come il finanziamento non possa, fuori dall'ipotesi di cartolarizzazione previste dalle leggi vigenti, essere rappresentato da titoli destinati alla circolazione. Questo a differenza di quanto previsto a proposito di patrimonio dedicato dalla lettera e) dell'art. 2447 ter cod. civ. . La finalità è evidente: la legge ha inteso limitare a quest'ultimo istituto, connotato da regole più stringenti, il ricorso ai detti strumenti finanziari.

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Note

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Girino, Nuova finanza societaria: patrimoni "dedicati" e finanziamenti "destinati" in Amministrazione & Finanza, 2003.
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nota2

Anche sotto questo profilo non si può non ribadire il carattere squisitamente economico dell'apprezzamento dell'istituto, la cui pratica convenienza e operatività non può che derivare da un'accurata ponderazione dei vari elementi della negoziazione.
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nota3

Tanto i frutti quanto gli investimenti vanno riferiti ai proventi generati dall'operazione. Sembra che il legislatore abbia nutrito al riguardo una notevole fiducia in relazione alle capacità di generare utili da parte della società finanziata.
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nota4

Così Girino, op. cit..
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Bibliografia

  • GIRINO, Nuova finanza societaria: patrimoni "dedicati" e finanziamenti "destinati", Amministrazione & Finanza, 2003

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