Esclusione in società composta da pluralità di soci



Ai sensi del II comma dell'art. 2287 cod. civ. quando la società è composta da più di due soci, è consentito che venga deliberata, a maggioranza, l'esclusione di uno di essi, ricorrendo le situazione previste dalla legge o specialmente contemplate dai patti sociali.

Al riguardo si impone una duplice osservazione. Sotto un primo profilo il riferimento ad una deliberazione parrebbe introdurre nell'ambito delle società a base personale il principio della formazione della volontà con il metodo assembleare. Tuttavia è stato deciso che la decisione di esclusione (che va comunque motivata) può comunque scaturire dalla somma delle singole decisioni riconducibili ai singoli soci, senza che occorra seguire le regole e le formalità proprie dell'adunanza assembleare (Cass. Civ. Sez. I, 153/98). Infatti nella società semplice (e più, in generale, in tutte le società di persone) fa difetto l'articolazione organica e, in specie, l'assemblea (cfr. anche Cass. Civ. Sez. I, 6394/96). Tra gli interpreti è comune il richiamo al computo della maggioranza dei soci per teste e non per quote nota1 . Ovviamente nel computo deve essere omesso il socio da escludere, del quale non si deve tener conto. Secondariamente è il caso di notare come il raggiungimento dell'assenso della maggioranza all'esclusione del socio conduca ad una modificazione dei patti sociali che deroga il principio generale secondo il quale un siffatto esito non potrebbe prodursi se non all'unanimità. E' ben vero che la regola è derogabile convenzionalmente ex art. 2252 cod. civ. nota2, ma nell'ipotesi in considerazione si prescinde da qualsivoglia assenso preventivo a tale effetto, scaturente direttamente dalla legge.

Una volta adottata la deliberazione di esclusione, la stessa deve essere portata a conoscenza del socio escluso, munita dell'indicazione dei motivi che sono posti a fondamento del provvedimento. In giurisprudenza si è reputato non indispensabile l'utilizzo di speciali formalità, essendo stato ritenuto sufficiente la concreta idoneità dello strumento adottato a rendere edotto l'interessato del provvedimento che lo riguarda (Appello di Milano, 25/09/1987). Indi la deliberazione diviene efficace una volta che siano trascorsi trenta giorni dalla comunicazione di cui sopra.
Nello stesso termine il socio escluso può proporre opposizione innanzi al Tribunale, che può sospendere l'esecuzione.
Il detto termine decadenziale può essere convenzionalmente modificato nel senso sia incrementativo, sia diminutivo (Cass. Civ. Sez. I, 2657/95). Esso non risulta applicabile all'eventuale giudizio arbitrale (nota3) previsto da apposita clausola dei patti sociali (Cass. Civ. Sez. I, 11436/98). Cosa riferire della legittimazione passiva in ordine all'azione di opposizione? La risposta non sembra, come pure parrebbe a prima vista, soltanto correlata alla considerazione della società (quand'anche semplice) come soggetto distinto rispetto ai soci nota4. La deliberazione dei soci è infatti da considerare come atto proprio dei soci (tra l'altro soltanto di quelli che abbiano deliberato a favore dell'esclusione): ben potrebbe considerarsi appropriata l'individuazione di costoro come unici soggetti passivamente legittimati nota5. Quanto agli effetti della pronunzia emanata nel procedimento instaurato in seguito all'impugnazione della deliberazione di esclusione, essa non può non avere conseguenze del tutto ripristinatorie della situazione quo ante in capo al socio già escluso, con la conseguente reintegrazione dello stesso nell'ambito della compagine societaria (cfr. Cass. Civ., Sez. I, 6829/2014, che ha parallelamente escluso l'efficacia meramente dichiarativa della pronunzia in questione). Una volta estinto il procedimento di opposizione, va osservato come si caducherebbe automaticamente l'eventuale provvedimento di sospensione della deliberazione di esclusione che fosse stato adottato in via cautelare (Cass. Civ., Sez. I, ord. n. 10986 del 26 aprile 2021).

Differente è la questione concernente la liquidazione del valore della partecipazione facente capo al socio escluso. Una volta infatti stabilito che quest'ultimo, in seguito all'esclusione efficacemente adottata, più non fa parte della compagine sociale, ne seguirebbe l'individuazione della società come il soggetto passivo dell'obbligazione relativa alla liquidazione della quota. Nel corso del giudizio di opposizione il Giudice può, come detto, disporre la sospensione dell'esecuzione del provvedimento di esclusione. In difetto di ciò l'esclusione diviene operativa nonostante la pendenza del giudizio, ma nell'ipotesi di esito vittorioso per l'attore, quest'ultimo viene reintegrato nella propria qualità di socio con effetto retroattivo (Cass. Civ. Sez. I, 16150/00; Tribunale di Piacenza, 28/02/1995). Giova rilevare che nel giudizio di opposizione la prova dei fatti che giustificano l'esclusione deve essere fornita da chi l'ha deliberata, che, nonostante formalmente sia stato convenuto, assume il ruolo di attore sostanziale. Dunque il mancato raggiungimento della prova degli addebiti posti a carico dell'escluso determina l'accoglimento dell'opposizione (Tribunale di Napoli, 08/05/2001).

Una volta che l'esclusione possa dirsi definitiva, occorre si provveda alla restituzione dei conferimenti già eseguiti dal socio che più non fa parte della compagine sociale. In relazione a tale aspetto occorrerà che la società provveda a ridurre proporzionalmente il capitale sociale seguendo il procedimento di cui all'art. 2306 cod. civ..

Note

nota1

Cfr. Ghidini, Società personali, Padova, 1972, p. 567; Ferri, Le società (artt. 2247-2324), in Comm. cod. civ. a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1981, p. 335; Cottino, Diritto commerciale, vol. I, t. 2, Padova, 1987, p. 226.
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nota2

Si pensi alla clausola di assenso preventivo alla libera cessione della partecipazione sociale a terzi, che si sostanzia nella possibilità di introdurre unilateralmente una modifica ai patti sociali, determinando l'ingresso di un nuovo socio.
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nota3

La decisione circa l'esclusione non potrebbe invece essere validamente deferita ad un collegio di probiviri di nomina assembleare: cfr. Appello di Milano, 15/09/1989 .
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nota4

La questione parrebbe in questo senso la reiterazione di quella che si pone in materia di individuazione del soggetto passivamente legittimato in ordine all'azione volta ad ottenere la liquidazione della partecipazione sociale in esito al recesso ovvero alla morte del socio.
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nota5

Questa soluzione ha l'indubbio pregio di non far subire il peso dell'azione legale neppure indirettamente ai soci che si fossero pronunziati nel senso di non voler escludere il socio.
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Bibliografia

  • COTTINO, Diritto commerciale, Padova, I- t. 2, 1987
  • FERRI, Società (artt. 2247-2324), Bologna-Roma, Comm. cod. civ. dir. da Scialoja e Branca, 1981
  • GHIDINI, Società personali, Padova, 1972

Prassi collegate

  • Quesito n. 816-2014/I, Esclusione di più soci di snc, necessità di pluralità di decisioni. Fattispecie
  • Quesito n. 111-2015/I, Snc, esclusione del socio, pignoramento della partecipazione e trasformazione in srl
  • Quesito n. 207-2011/I, La decisione di esclusione del socio di snc

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