Deliberazione del consiglio di amministrazione: il quorum costitutivo (società per azioni)




Come è noto, il quorum costitutivo indica il numero minimo dei soggetti componenti l'organo collegiale affinchè quest'ultimo possa dichiararsi regolarmente costituito. In tema di consiglio di amministrazione si è affermato che tale quorum dovesse essere calcolato con riferimento agli amministratori che al momento della seduta consiliare compongono effettivamente l'organo, decurtando dal computo gli eventuali posti vacanti (cfr. Tribunale di Catania, 23 luglio 1965 ). Si riteneva inoltre che la maggioranza degli amministratori dovesse permanere non solo al momento della riunione, ma anche al momento della votazione nota1.

Un altro problema si era posto nel passato in ordine alla possibilità, ammessa normativamente, che l'atto costitutivo disponesse diversamente dalla previsione legale in ordine al quorum costitutivo, imponendo, per la valida costituzione delle riunioni consiliari, la presenza di tutti gli amministratori. A tal proposito si è ritenuto, sia pure non concordemente tra gli interpreti, che una simile previsione non fosse compatibile con le esigenze di funzionalità ed efficienza che devono informare l'operato dell'organo amministrativo e che, conseguentemente, l'atto costitutivo potesse richiedere per la valida costituzione dell'organo di amministrazione, una maggioranza più elevata, pur non potendo derogare al principio di maggioranza nota2.

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Note

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Cfr. Cagnasso, che ha anche affermato che dovessero essere inclusi nel computo per la determinazione del quorum costitutivo gli amministratori in conflitto di interessi, in base ad un'applicazione analogica del previgente art. 2373 cod.civ., in tema di conflitto di interessi dei soci. Ai sensi del predetto autore, infatti, se la finalità di tale norma è quella di assicurare da un lato che la deliberazione assembleare, seppure adottata con un numero esiguo di voti, ma imparziale, risulti sempre conforme all'interesse sociale, e dall'altro che non sia paralizzata, attraverso il meccanismo delle astensioni, la formazione della volontà sociale, tale finalità non può non inerire a fortiori al consiglio di amministrazione la cui attività e relativa disciplina è improntata ad evitare il più possibile che la sua funzionalità sia in qualche modo compromessa (conforme cfr. Cass. Civ. Sez. I, 8976/91 Cass. Civ. Sez. I, 10864/91 identico tenore, entrambe riportate in Le Società n. 12,1991, p.1642 con nota redazionale (la seconda) in Corr. giur. n. 3,1992, p.299 di Schiano di Pepe, "Quorum" deliberativo o costitutivo per la delibera del c.d.a. ). La giustificazione di tale assunto troverebbe inoltre un conforto testuale nel combinato disposto del I e del III comma dell'art. 2391 cod.civ., da cui si evince una palese distinzione tra deliberazione vera e propria che si esprime mediante votazione, e partecipazione alla riunione, per la quale si richiede un numero di soggetti idoneo a costituire un collegio, cosa che impone il computo, ai fini della regolare costituzione, anche di coloro che siano in conflitto di interessi con la società. In realtà vi è stato anche chi, come Chiappetta, La partecipazione al voto e alla discussione dell'amministratore in conflitto di interessi, in Giur. comm., 1991, pp. 265 e ss. ha escluso che gli amministratori in conflitto di interessi dovessero essere computati ai fini della determinazione del quoziente costitutivo. Tale Autore giustificava il suo assunto argomentando dalla diversa, e significativa, formulazione delle norme (del codice ante riforma) che disciplinavano il conflitto di interessi dell'amministratore (l'art. 2391, I comma, cod.civ., che imponeva l'astensione dalla partecipazione alla deliberazione) e del socio di società per azioni (l'art. 2373, I comma, cod.civ., che prevedeva invece uno specifico divieto di esercizio del diritto di voto). A maggior conforto della propria tesi, l'Autore indicava l'ulteriore confronto tra l'art.2388, I comma, cod.civ., e l'art. 2373, ultimo comma, cod.civ., rilevando come "se le disposizioni in tema di conflitto di interessi del socio e dell'amministratore avessero eguale contenuto e significato, sarebbe davvero difficile scorgere la ragione della mancanza, nell'ipotesi di riunione consigliare, di un' esplicita previsione circa il quorum costitutivo, come è di contro nell'ipotesi di riunione assembleare. Ciò che invece è perfettamente spiegabile ove si ricostruiscano... in termini diversi le due previsioni normative, nel senso cioè che l'una (art. 2373 cod.civ.) importa il mero divieto del voto (ed ecco perché, allora, il legislatore, "ha dovuto" disporre circa "la presenza" o meno del socio privato del voto ai fini del raggiungimento del quorum costitutivo dell'assemblea) e l'altra, invece, implica oltreché il divieto di voto anche il divieto di partecipare alla discussione consiliare".
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Calandra-Buonaura, Amministrazione disgiuntiva e società di capitali, Milano, 1984, p.50 nota 96; contra Bonelli, Gli amministratori di società per azioni, cit., p.28 nota 52. Negli organi collegiali amministrativi la presenza di tutti i membri può essere prevista esclusivamente dalla legge quando è necessario "introdurre nel procedimento tutti gli interessi di cui sono portatori i singoli componenti il collegio" od assicurare "una più ponderata valutazione dell'unico interesse attribuito ai membri del collegio".
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