Cass. pen., sez. IV del 1995 (10/05/1995)


In tema di colpa professionale, quando la condotta colposa incida su beni primari, quali la vita o la salute delle persone, costituzionalmente e penalmente protetti, i parametri valutativi debbono essere estratti dalle norme proprie al sistema penale e non da quelle espresse da altro ramo del diritto, quali l'art. 2236 c.c. Tuttavia, detta norma civilistica può trovare considerazione anche in tema di colpa professionale del medico quando il caso specifico sottoposto al suo esame imponga la soluzione di problemi di specifica difficoltà, non per effetto di diretta applicazione nel campo penale, ma come regola di esperienza cui il giudice possa attenersi nel valutare l'addebito di imperizia. Da quanto suesposto segue che, sia quando non sia presente una situazione emergenziale, sia quando il caso non implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, così come quando venga in rilievo (e venga contestata) negligenza e/o imperizia, i canoni valutativi della condotta (colposa) non possono essere che quelli ordinariamente adottati nel campo della responsabilità penale per danni alla vita o all'integrità dell'uomo (art. 43 c.p.), con l'accentuazione che il medico deve sempre attenersi a regole di diligenza massima e prudenza, considerata la natura dei beni che sono affidati alla sua cura.

Percorsi argomentali

Aggiungi un commento


Se vuoi aggiornamenti su "Cass. pen., sez. IV del 1995 (10/05/1995)"

Iscriviti alla Newsletter di WikiJus!

Iscriviti