Cass. civile, sez. VI-T del 2017 numero 9610 (13/04/2017)




La Corte di giustizia costantemente ribadisce che, perché possa parlare di pratica abusiva, occorrono due condizioni: 1) da un lato, le operazioni devono, nonostante applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della direttiva IVA e della legislazione nazionale che ‘a traspone, procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sia contraria all’obiettivo perseguito da queste disposizioni; 2) dall’altro, deve risultare da un insieme di elementi oggettivi che lo scopo essenziale dell’operazione controverse è l’ottenimento di un vantaggio fiscale.

Le sezioni unite di questa Corte, anche con riguardo alle imposte dirette, hanno affermato che non può non ritenersi insito nell’ordinamento, come diretta derivazione delle norme costituzionali, il principio secondo cui il contribuente non può trarre indebiti vantaggi fiscali dall’utilizzo distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quel risparmio fiscale (Cass,, SS UU, n. 30057/2008;). Questa Corte (Cass.n.4603/2014) ha altresì affermato, in punto di onere della prova ; che “costituisce condotta abusiva l’operazione economica che abbia quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo di eludere il fisco, sicché il divieto di siffatte operazioni non opera qualora esse possano spiegarsi altrimenti che con il mero intento di conseguire un risparmio di imposta, fermo restando che incombe, sull’Amministrazione finanziaria la prova sia del disegno elusivo che delle modalità di manipolazione e alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pe,- -venire quel risultato fiscale” . Nella specie la C.T.R. non fatto corretta applicazione di tali principi di diritto, affermando che l’Agenzia non aveva mai fornito la prova che l’intento economico unico dell’operazione fosse un indebito risparmio fiscale, non avendo dato alcun rilievo ai diversi elementi sintomatici della sussistenza dell’abuso, allegati dalla stessa (l’essere stata costituita la società nel settembre 2003, con due soli soci, i due coniugi , e l’essere la stessa priva di dipendenti e con una sede, di appena due mq, corrispondente a quella di altre società participate da uno dei due coniugi; l’avere società svolto attività edile consistente nella sola costruzione di due unità immobiliari; il fatto che gli unici ricavi, a fronte di ingenti costi, avevano riguardato l’anno 2006, a seguito della vendita dei due unici appartamenti costruiti, effettuata nei confronti dei medesimi soci; la cancellazione della società nel gennaio 2007).

Pertanto è elusione fiscale la costituzione di una società al solo scopo di costruire e poi acquistare degli immobili a uso personale, risparmiando così sulle imposte. Senza la prova di altre valide ragioni economiche il fisco può emettere l’accertamento contestando l’abuso di diritto.

Percorsi argomentali

Aggiungi un commento


Se vuoi aggiornamenti su "Cass. civile, sez. VI-T del 2017 numero 9610 (13/04/2017)"

Iscriviti alla Newsletter di WikiJus!

Iscriviti