Cass. civile, sez. Lavoro del 2017 numero 10147 (21/04/2017)




In tema di impresa familiare, è sufficiente, ai fini dell’operatività della prelazione di cui all’art. 230-bis, comma V, c.c., una volta accertata la partecipazione all’attività, che vi sia stato un trasferimento d’azienda affinché il familiare partecipe possa essere messo nelle condizioni di esercitare il proprio diritto, risultando del tutto ininfluente che la cessione avvenga mediante conferimento in una società di persone, di cui il titolare dell’azienda stessa conservi un ruolo dominante quale socio illimitatamente responsabile ed amministratore, poiché la norma tutela il familiare estromesso e non colui che sia stato incluso nella vicenda traslativa, senza che rilevi il requisito dell’estraneità di cui all’art. 732 c.c., norma richiamata dall’art. 230-bis solo “in quanto compatibile”.

La prelazione prevista dalla norma in favore del familiare, nel caso di alienazione dell'impresa di cui è partecipe, è una prelazione legale, che consente il riscatto nei confronti del terzo acquirente, senza che all'applicazione di tale istituto possa essere d'ostacolo la mancanza di un sistema legale di pubblicità dell'impresa familiare, avendo il legislatore inteso tutelare il lavoro più che la circolazione dei beni. Ciò posto, ai fini dell'operatività della disposizione contenuta nel quinto comma dell'art. 230 bis c.c., una volta accertata la partecipazione ad una impresa familiare, è sufficiente che vi sia trasferimento di azienda affinché il partecipe debba essere messo nelle condizioni di esercitare il proprio diritto di prelazione.

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