Cass. civile, sez. III del 1993 numero 8069 (20/07/1993)


Il produttore di farmaci emoderivati difettosi, in quanto sia stato qualificato come esercente un'attività pericolosa, non può liberarsi della responsabilità con la prova di aver osservato le norme giuridiche e di aver utilizzato i ritrovati tecnici che, essendo entrati nell'uso comune, potevano considerarsi prescritti da una norma tecnica per prevenire il realizzarsi del danno.Per escludere la responsabilità ex art. 2050 c.c. non basta la prova negativa di non aver commesso alcuna violazione alle norme di legge o di comune prudenza, ma occorre quella positiva di aver impiegato ogni cura e misura atta ad impedire l'evento dannoso.Ai fini della responsabilità sancita dall'art. 2050 c.c., debbono esser ritenute pericolose, oltre alle attività prese in considerazione e per la prevenzione infortuni o la tutela dell'incolumità pubblica, anche tutte quelle altre che, pur non essendo specificate o disciplinate, abbiano tuttavia una pericolosità intrinseca o comunque dipendente dalle modalità di esercizio o dai mezzi di lavoro impiegati. Pertanto la produzione e l'immissione in commercio di farmaci, contenenti gammaglobuline umane e destinati all'inoculazione nell'organismo umano, costituisce attività dotata di potenziale nocività intrinseca, stante il rischio di contagio del virus della epatite di tipo B, non espressamente previsto dalla normativa riguardante gli emoderivati, ma tuttavia compreso nell'ampia prevenzione stabilita da dette disposizioni. Ne consegue che il produttore, come l'importatore, del farmaco, e prima ancora il produttore delle dette gammaglobuline, per liberarsi della presunzione di responsabilità contemplata dall'art. 2050 cit. devono fornire la prova, particolarmente rigorosa, dell'adozione di tutte le misure idonee ad evitare il danno con la verifica dell'innocuità del prodotto mercè quei metodi, anche sperimentali, di analisi e controllo che la scienza medica fornisce, indipendentemente dal loro costo o perfezionabilità, non bastando la prova negativa di non aver commesso alcuna violazione delle norme di legge o di comune prudenza, ma occorrendo quella positiva, di aver impiegato ogni cura e misura atta ad impedire l'evento dannoso.

Documenti collegati

Percorsi argomentali

Aggiungi un commento


Se vuoi aggiornamenti su "Cass. civile, sez. III del 1993 numero 8069 (20/07/1993)"

Iscriviti alla Newsletter di WikiJus!

Iscriviti