Cass. civile, sez. I del 2017 numero 506 (11/01/2017)




In tema di mutuo condizionato in un'operazione di credito edilizio, la mancata annotazione dell'avvenuta erogazione successiva all'iscrizione ipotecaria e nei limiti di essa non muta gli effetti e l'estensione dell'iscrizione ipotecaria originaria, né assume rilievo condizionante sospensivo rispetto all'originaria iscrizione. Quest'ultima, in quanto sin dall'origine pienamente costitutiva della funzione di garanzia e volta a dare grado e copertura garantistica immediata al credito futuro (purché nell'ambito quantitativo dell'avvenuta iscrizione) rimane pienamente opponibile ai terzi acquirenti dell'immobile gravato, mentre l'effetto della mancata annotazione è quello di onerare il creditore (la cui entità attuale del credito non risulti dall'annotazione) della prova dell'esistenza e dell'entità del credito stesso, nonché della sua riferibilità al titolo ed al rapporto in base al quale l'iscrizione avvenne.

In materia di credito fondiario, e con riguardo alla disciplina dettata dall'art. 3 del D.P.R. n. 7/1976 (riprodotta nell’art. 39 del d.lgs. n. 385/1993), deve ritenersi, in base ai principi generali ricavabili dall'art. 2852 c.c. in tema di ipoteca per crediti condizionali (non derogati dalla disciplina suddetta), che l’ipoteca indicata nel comma 1 del citato art. 3 – destinata a garantire un credito futuro, che nascerà a condizione dell'effettiva erogazione della somma mutuata – ha effetti e prende grado al momento dell'iniziale iscrizione e non già al momento della successiva annotazione nei registri della quietanza relativa all'erogazione della somma mutuata, annotazione che assolve ad una funzione meramente accessoria e servente rispetto all'iscrizione originaria.

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