Cass. civile, sez. I del 2013 numero 22096 (26/09/2013)




In tema di inadempimento delle obbligazioni pecuniarie, nel caso in cui il creditore - del quale non sia controversa la qualità di imprenditore commerciale - deduca di aver subito dal ritardo del debitore nell'adempimento un pregiudizio conseguente al diminuito potere di acquisto della moneta, non è necessario, ai fini del riconoscimento del maggior danno ragguagliato alla svalutazione monetaria, che egli fornisca la prova di un danno concreto causalmente ricollegabile all'indisponibilità del credito per effetto dell'inadempimento, dovendosi presumere, in base all' id quod plerumque accidit, che, se vi fosse stato tempestivo adempimento, la somma dovuta sarebbe stata utilizzata in impieghi antinflattivi per il finanziamento dell'attività imprenditoriale e, quindi, sottratta agli effetti della svalutazione.

Percorsi argomentali

Aggiungi un commento


Se vuoi aggiornamenti su "Cass. civile, sez. I del 2013 numero 22096 (26/09/2013)"

Iscriviti alla Newsletter di WikiJus!

Iscriviti