La legittimazione attiva relativamente all'azione di rivendicazione sussiste in capo a colui che, non essendo nel possesso della cosa, afferma di esserne il proprietario. Venendo meno quest'ultimo, occorre che i di lui eredi provino tale loro qualità prima ancora di aver accettato l'eredità (
Cass. Civ. Sez. II, 22730/2021).
La legittimazione passiva, inversamente, riguarda chi si trovi nel possesso o nella detenzione del bene (Cass. Civ. Sez. II,
9851/97 ). In quest'ultimo caso (semplice detenzione) il convenuto potrebbe domandare l'estromissione dal giudizio in esito all'indicazione del soggetto possessore, per conto del quale egli detiene. L'attore in rivendicazione potrebbe in tal modo proseguire l'azione contro costui (Cass. Civ. Sez. I,
6547/88 ). Un concreto esempio dell'ipotesi delineata è descritto normativamente dalla regola, dettata in tema di contratto di locazione, in base alla quale, qualora i terzi che arrecano molestie di diritto pretendano "di avere diritti sulla cosa locata, il conduttore è tenuto a darne pronto avviso al locatore. Se i terzi agiscono in via giudiziale, il locatore è tenuto ad assumere la lite qualora sia chiamato nel processo. Il conduttore deve essere estromesso." (art.
1586 cod.civ. : c.d.
laudatio auctoris )
nota1. Va poi osservato come l'azione in questione si distingua dall'azione di restituzione che riguarda esclusivamente il soggetto che, in forza di uno specifico rapporto obbligatorio (fondato ad esempio sulla locazione, sul comodato, su un contratto di deposito) si trovi ad avere la disponibilità di un bene (cfr. Cass. Civ., Sez. II,
23121/2015).
Ai fini dell'azione basta che il convenuto possieda o detenga la cosa al momento della domanda giudiziale
nota2. Qualora egli abbia successivamente cessato, per fatto proprio, di possedere o detenere la cosa, la rivendicazione può comunque essere proseguita. Come è evidente, in questo caso essa non potrà più sortire alcuna efficacia restitutoria del possesso. Pertanto il convenuto che abbia dolosamente cessato di possedere sarà condannato a recuperare la cosa per l'attore a proprie spese. Nell'eventualità in cui ciò non risulti possibile, la condanna avrà ad oggetto il valore della
res, oltre al risarcimento del danno
nota3.
Quanto detto non esclude che il proprietario possa dirigere l'azione nei confronti del nuovo possessore allo scopo di ottenere la restituzione del bene.
In detta ipotesi la legittimazione passiva del nuovo attuale possessore si aggiunge alla legittimazione del precedente convenuto se costui, come detto, ha cessato di possedere o detenere per fatto proprio (spesso proprio al fine di allontanare da sè l'esercizio dell'azione da parte del proprietario, compiendo atti di successiva alienazione).
Qualora il proprietario riesca a conseguire la cosa da colui che è divenuto successivamente possessore, pur avendo già ottenuto il prezzo di essa dall'originario convenuto, secondo i principi generali, di cui l'art.
948 cod.civ. fa applicazione specifica, dovrà restituire a quest'ultimo il corrispettivo della cosa. Rimane comunque fermo il risarcimento dei danni.
Pure quando il primo convenuto abbia cessato di possedere per un fatto non proprio, cioè non riconducibile alla propria volontà, come nell'ipotesi in cui la cosa gli venga sottratta in esito ad un furto, rimane fermo il suo obbligo per i danni: il solo legittimato passivo sarà evidentemente il nuovo possessore o detentore della cosa.
Note
nota1
La
laudatio auctoris quale rimedio nel caso l'azione di rivendica fosse stata esperita nei confronti del mero detentore fu introdotta dall'imperatore Costantino. Cfr Costantino
, Imp. Costantinus A. ad universos provinciales, in C. 3.19.1:"
si quis alterius nomine qualibet modo possidens immobilem rem litem ab aliquo per in rem actionem sustineat, debet statim in iudicio dominum nominare. " Oggigiorno, pur se contemplata espressamente dall'art.
1586 cod.civ., si ritiene possa essere applicata per analogia ogni volta in cui il convenuto sia detentore
nomine alieno. Cfr. Carpino,
Rivendicazione (azione di) , in Enc. giur. Treccani; Salaris,
Le azioni a difesa della proprietà, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, Torino, 1982, p.677.
top1nota2
Qualora, al contrario, il convenuto abbia alienato il bene anteriormente alla proposizione della domanda giudiziale, l'attore non potrebbe esperire l'azione di rivendicazione, avendo tuttavia a disposizione la tutela risarcitoria. La dottrina appare divisa relativamente alla legittimazione passiva del convenuto
qui liti se obtulit, cioè che affermi, contrariamente alla realtà, di essere il possessore del bene. In ogni caso costui sarà tenuto a risarcire i danni che avesse arrecato con la propria condotta all'attore. Cfr. Stolfi, in Studi per Santoro Passarelli, IV, Napoli, 1972, p.577 e
In tema di legittimazione passiva alla rivendica, in Riv. dir. proc., 1969, p.185; Torrente-Schlesinger,
Manuale di diritto privato, Milano, 1985, p.345; Albano,
Della proprietà, in Comm. cod. civ., a cura di Albano-Greco-Pescatore, Torino, 1968, p.591; Gambaro, in Comm. cod. civ., diretto da Cendon, vol. III, Torino, 1997, p.255.
top2nota3
Si tenga presente che, in caso di distruzione della cosa nel tempo che segue alla proposizione della domanda giudiziale, si verifica una conversione automatica dell'oggetto della domanda stessa. L'azione avrà sempre natura reale, tuttavia il convenuto dovrà pagare il valore della cosa. V. Ferreri,
Rivendicazione c) diritto vigente, in Enc. dir. e
Azioni petitorie, in Dig. disc. priv., Sezione civile, II, 1988,49.
top3Bibliografia
- CARPINO, Rivendicazione (azione di), Enc. giur. Treccani, XVII, 1991
- FERRERI, Azioni petitorie, Dig. disc. Priv, Sezione civile, II, 1988
- FERRERI, Rivendicazione c) diritto vigente, Enc. Dir, XLI, 1989
- SALARIS, Le azioni a difesa della proprietà, Torino, Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, 1982