Cass. Civ., Sez. I, n. 14226 del 14 giugno 2010. La differente natura giuridica della dichiarazione resa ex art. 179, comma II, c.c.. Mera ricognizione in riferimento alla lett. f), accordo dispositivo in relazione alle lett. c) e d)

Nel caso di acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale, la partecipazione dell’altro coniuge non acquirente, prevista dall’art. 179 c.c., comma 2, si pone come condizione necessaria ma non sufficiente per l’esclusione del bene dalla comunione, occorrendo a tal fine non solo il concorde riconoscimento da parte dei coniugi della natura personale del bene, richiesto esclusivamente in funzione della necessaria documentazione di tale natura, ma anche l’effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione dalla comunione tassativamente indicate dall’art. 179, comma 1, lett. c), d) ed f), con la conseguenza che l’eventuale inesistenza di tali presupposti può essere fatta valere con una successiva azione di accertamento negativo, non risultando precluso tale accertamento dal fatto che il coniuge non acquirente sia intervenuto nel contratto per aderirvi.
Nel caso di acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale, la dichiarazione resa nell'atto dall'altro coniuge non acquirente, ai sensi dell'art. 179 c.c., comma 2, in ordine alla natura personale del bene, si atteggia diversamente a seconda che tale natura dipenda dall'acquisto dello stesso con il prezzo del trasferimento di beni personali del coniuge acquirente o dalla destinazione del bene all'uso personale o all'esercizio della professione di quest'ultimo, assumendo nel primo caso natura ricognitiva e portata confessoria di presupposti di fatto già esistenti, ed esprimendo nel secondo la mera condivisione dell'intento del coniuge acquirente. Ne consegue che l'azione di accertamento negativo della natura personale del bene acquistato postula nel primo caso la revoca della confessione stragiudiziale, nei limiti in cui la stessa è ammessa dall'art. 2732 c.c., e nel secondo la verifica dell'effettiva destinazione del bene, indipendentemente da ogni indagine sulla sincerità dell'intento manifestato.

Commento

(di Daniele Minussi) Sempre sull'onda lunga di Cass. SSUU 22755/09 alla natura confessoria e meramente ricognitiva della dichiarazione resa dal coniuge ai sensi della lettera f) dell'art. 179 cod.civ. viene contrapposta la dispositività della dichiarazione espressa dal coniuge in counione circa la personalità dell'acquisto legato alle lettere c) e d) dell'art. 179 cod.civ. II comma. Al riguardo occorre in ogni caso rilevare come il riferimento all'intento debba essere rettamente inteso. Neppure in questo caso infatti si tratta della manifestazione di una volontà dispositiva da parte del coniuge non acquirente, bensì del proprio consenso ad una peculiare (futura) destinazione del bene che ne manifesta la natura personale, ferma restando la possibilità, anche in quest'ultima ipotesi, che successivamente venga raggiunta la prova di una differente effettività volta a comunque ricondurre il bene nell'ambito della comunione.
In sintesi si puà concludere nel senso che mentre la dichiatazione del coniuge non acquirente nel caso di cui alla lettera f) è intesa a dar conto di un fatto passato, nelle altre ipotesi riflette l'assenso ad un fatto futuro.

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