Oggetto della comunione legale: la c.d. rinunzia al coacquisto (art.179 lett. f cod. civ.)



L'ultima parte dell'art. 179 cod.civ. ha un contenuto complesso. La norma, che prevede un'elencazione dei beni da considerarsi personali per ciascuno dei coniugi pur quando essi si trovino in comunione legale dei beni, in tale ambito alla lettera f) annovera "i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all'atto dell'acquisto."
Il II comma della disposizione in esame prosegue sancendo che "l'acquisto di beni immobili, o di beni mobili elencati nell' articolo 2683 , effettuato dopo il matrimonio, è escluso dalla comunione, ai sensi delle lettere c), d) ed f) del precedente comma, quando tale esclusione risulti dall'atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l' altro coniuge". Inversamente non occorre alcuna dichiarazione per escludere il bene dalla comunione quando esso sia stato acquistato per donazione, ancorchè indiretta (Cass. Civ., Sez. I, 14197/2013). Va altresì chiarito che l'ambito applicativo della norma riguarda unicamente gli atti acquisitivi da terzi e non gli atti intercorrenti tra i coniugi (Cass. Civ. Sez. II, 11188/2021).

La disposizione da ultimo citata ha posto fin da subito il problema della natura giuridica della dichiarazione del coniuge non acquirente. A fronte dell'opinione secondo la quale essa integrerebbe comunque una manifestazione di volontà negoziale dispositiva intesa ad escludere in ogni caso il bene dalla comunione legale, si è imposta la diversa costruzione in forza della quale essa avrebbe una valenza meramente dichiarativa. In sostanza si tratterebbe di una dichiarazione di tipo confessorio resa stragiudizialmente. In tanto dunque sarebbe atta a sortire effetti, in quanto rappresentante circostanze rispondenti al vero.

In giurisprudenza ha prevalso questa impostazione. E' stato infatti deciso che la dichiarazione del coniuge non acquirente possiede effetti dichiarativi (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 6120/08 relativamente alla natura non negoziale ed alla contestabilità della stessa unicamente per errore di fatto o per violenza), non sembrando pertanto ammissibile una distinta manifestazione di una volontà intesa ad altrimenti escludere, con efficacia dispositiva, l'automaticità dell'acquisto in capo alla comunione (Cass. Civ. Sez. I, 2954/03; Cass. Civ. Sez. I, 19250/04; cfr., per un possibile ripensamento sulla questione del c.d. "rifiuto al coacquisto", Cass. Civ. Sez. I, 30416/08; Tribunale di Roma, 22/06/2012). Si è addirittura stabilito che è possibile contestare, anche a distanza di tempo, l'appartenenza del bene al patrimonio personale di uno soltanto dei coniugi, facendo valere l'effettivo intento del coniuge dichiarante e la reale destinazione del cespite, pur dovendo essere tutelato il terzo avente causa di buona fede, al quale l'esito della relativa vertenza sarebbe inopponibile (Cass. Civ. Sez. Unite, 22755/09; Cass. Civ., Sez. I, 18114/10; cfr. anche Cass. Civ., Sez. II, 7027/2019; Cass. Civ., Sez. II, 29342/2018 e Cass. Civ., Sez. I, 14226/10 in relazione alla diversa portata tra la dichiarazione resa dal coniuge ai sensi delle lettere c) e d) del II comma dell'art. 179 cod.civ. rispetto a quella qui in considerazione). Conseguentemente è stata sancita l'inopponibilità al creditore personale del coniuge acquirente della pronunzia che riconosce l'appartenenza del cespite (già acquistato come bene personale) alla comunione quando la trascrizione del pignoramento abbia preceduto la trascrizione della domanda giudiziale intesa a ricondurre il bene alla comunione (Cass. Civ., Sez. III, 25865/13).
Nel senso della inopponibilità della portata confessoria della dichiarazione ai terzi, eredi di chi abbia fatto la dichiarazione in esame, nel giudizio inteso a dar conto dell'eventuale natura di donazione indiretta scaturente dall'atto in parola, cfr. Cass. Civ., Sez. II, 19153/12.

Appare chiaro come un siffatto esito interpretativo risulti particolarmente allarmante. Se ne desume l'opportunità di consigliare, in sede di stipulazione di un acquisto immobiliare, la precisa individuazione del bene personale ceduto dal coniuge che effettua l'acquisto a titolo personale. Ciò non solo agevolerebbe l'accertamento della correttezza della dichiarazione dell'altro coniuge che abbia a prendere atto che il detto acquisto interviene con il ricavato appunto della vendita di tale bene (evitando futuri ripensamenti), ma addirittura consentirebbe di qualificare la relativa dichiarazione come confessoria (cfr. Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 35086 del 29 novembre 2022).

E' possibile configurare l'acquisto esclusivamente personale di un bene anche in difetto della dichiarazione in esame? La risposta, non scontata, pare essere affermativa. Vengono in esame gli acquisti che siano effettuati direttamente a titolo permutativo per il tramite di cespiti esclusi dalla comunione, che di per sè testimoniano la provenienza personale del bene che costituisce il corrispettivo dell'acquisto dell'ulteriore bene il quale, per ciò stesso, deve qualificarsi come personale. A questa ipotesi, secondo un pronunciamento, dovrebbe aggiungersi anche l'eventualità in cui risultasse certa l'appartenenza esclusiva ad uno solo dei coniugi dei denari impiegati per l'acquisto. Nella specie si trattava direttamente del denaro (sicuramente personale) impiegato per acquistare un bene da parte di uno solo dei coniugi in regime di comunione, acquisto difettante della dichiarazione in oggetto da parte dell'altro coniuge. Al riguardo è stato deciso, con dictum assolutamente singolare, nel corso della controversia sorta tra detto coniuge ed i discendenti del primo, venuto meno, che la dichiarazione di cui alla lettera f) dell'art. 179 cod.civ. è necessaria solo quando possano sorgere dubbi sulla natura personale del bene impiegato per l'acquisto (Cass. Civ., Sez. II, 10855/10). Nulla è tuttavia scontato: infatti è stata reputata necessaria (cfr. Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 24287/2015) la dichiarazione del coniuge nell'ipotesi in cui il pagamento del prezzo fosse stato eseguito dal padre del marito (sia pure in relazione al pregresso mantenimento assicurato dal figlio)

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