Società di persone e termine di durata eccedente le aspettative medie di vita lavorativa: possibiità di esercitare in ogni tempo il recesso del socio. Forma della dichiarazione e natura recettizia. (Tribunale di Roma, 4 marzo 2015)

Il socio di Snc, nel caso in cui i patti sociali prevedano una durata della società per un tempo indubbiamente superiore alle aspettative di vita media, ha il diritto di recedere dal rapporto societario, ai sensi dell'art. 2285 comma I e III c.c..
Detta ipotesi è infatti assimilabile a quella della costituzione di società a tempo indeterminato, con conseguente diritto dei soci di recedere ad nutum, salvo il preavviso di tre mesi stabilito dalla norma richiamata.
Il recesso, comunicato ai soci con preavviso di almeno tre mesi, è atto unilaterale recettizio che non soggiace, secondo uniforme giurisprudenza, ad alcun requisito di forma: in caso di comunicazione orale va prodotta la prova della sua reale effettuazione e del suo recepimento da parte dell'altro socio, destinatario della comunicazione stessa - circostanza quest'ultima, la cui sussistenza è necessaria trattandosi di atto recettizio, che spiega i propri effetti soltanto una volta pervenuto nella sfera di conoscibilità del destinatario.
Il valore della quota deve essere determinato, ai sensi dell'art. 2289 comma II c.c., avuto riferimento alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento, attribuendo ai beni il loro valore effettivo.

Commento

(di Daniele Minussi)
Plurimi sono i momenti di rilevanza e di interesse della pronunzia della corte di merito capitolina.
L'aver convenuto una durata della società eccedente l'aspettativa media della vita della persona fisica (con speciale riferimento alla vita lavorativa) è invero situazione equiparabile a quella di aver convenuto una durata a tempo indeterminato. In tale eventualità appare del tutto condivisibile e sensato che si debba conseguentemente riconoscere a ciascun socio il diritto di recedere in ogni tempo, previo preavviso, similmente a quanto sancito dalla legge nell'ipotesi in cui il contratto sociale non preveda termini specifici. Nella fattispecie, peraltro, la durata della società era stata addirittura convenuta indicando l'esorbitante termine dell'anno 2200.
Con riferimento invece alle modalità di esercizio del recesso la via si fa più tortuosa. Se infatti in linea di principio affermare la natura recettizia della relativa dichiarazione può essere del tutto ragionevole, meno giustificabile appare, in riferimento proprio a tale aspetto, riferire dell'aspetto formale come del tutto contrassegnato dalla libertà delle forme. Ne discenderebbe che il recesso potrebbe essere validamente posto in essere per il tramite di una dichiarazione verbale indirizzata all'altra parte (chi? tutti gli altri soci? come dare conto dell'intervenuta presa di conoscenza da parte di costoro della dichiarazione verbale? Sarebbe o meno richiesta la contestualità? Cosa riferire delle eventuali divergenze circa il contenuto di più dichiarazioni rivolte in differenti contesti spazio-temporali ai diversi soci?). Non sarebbe stato più semplice e tranquillizzante riferire della esigenza che, quantomeno, la dichiarazione debba essere inoltrata per iscritto per lettera raccomandata indirizzata alla sede sociale?

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