Rivalsa tributaria: obbligo, diritto e facoltà della rivalsa



L’ordinamento individua nell’esercizio della rivalsa, di volta in volta, una facoltà, un divieto ovvero un obbligo. La differenza delle previsioni normative va individuata in ragione del tipo di tributo e del relativo presupposto.

La rivalsa è obbligatoria quando la legge impone che l’onere fiscale sia trasferito da un soggetto ad un altro che è il vero soggetto passivo inciso dal tributo, ad esempio la rivalsa del datore di lavoro-sostituto d’imposta nei confronti del dipendente-sostituito (art. 23, D.P.R. n. 600/1973).

L’interesse del legislatore all’effettivo trasferimento dell’onere fiscale risulta dalla prescrizione dell’obbligo di rivalsa, talvolta anche sanzionato con la nullità di patti contrari che fanno gravare il tributo sul soggetto che è obbligato ad esercitare la rivalsa.

La rivalsa obbligatoria è esercitata mediante ritenuta (artt. 23-28, D.P.R. n. 600/1973).

Con una disposizione di carattere generale in tema di rivalsa, ancorché riferita alle imposte sui redditi, la legge dispone “Chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto, deve esercitare la rivalsa se non è diversamente stabilito in modo espresso... Chi in forza di ... legge è obbligato al pagamento dell’imposta insieme con altri, per fatti o situazioni esclusivamente riferibili a questi, ha diritto di rivalsa” (art. 64, D.P.R. n. 600/1973).

A differenza della rivalsa esercitata mediante ritenuta, nell’ambito IVA l’obbligatorietà consiste nell’addebito del tributo al cessionario o committente mediante emissione della fattura.

La rivalsa è vietata quando la legge vieta espressamente ogni patto sull’imposta, come era il caso dell’INVIM ove la legge dichiarava espressamente nulli tutti i patti diretti ad accollare l’imposta all’acquirente (art. 27, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643).

Con riguardo al sistema delle imposte sui redditi manca una disposizione che stabilisca il divieto di patti sull’imposta, mentre per le imposte indirette (esclusa l’IVA) sono presenti diverse norme che dichiarano nulli i patti sull’imposta, quale l’art. 62, D.P.R. n. 131/1986 (imposta di registro), l’art. 23, D.P.R. n. 642/1972 (imposta di bollo), oltre il citato art. 27, D.P.R. n. 643/1972 (INVIM). Per l’IVA è stato abrogato l’ultimo comma dell’art. 60, D.P.R. n. 633/1972 che prevedeva il divieto di rivalsa nel caso di rettifica a carico del cedente o prestatore del servizio.

In ogni altro caso la rivalsa è facoltativa e i contribuenti sono liberi di stipulare patti di accollo dell’imposta.

La rivalsa facoltativa è prevista dalla legge in tema di imposte sui redditi e si esercita mediante ritenuta sulle somme pagate sulle vincite, premi, giochi di abilità, ecc. (art. 30, D.P.R. n. 600/1973), nell’ambito delle imposte indirette è prevista per l’ICI (art. 3, D.P.R. n. 504/1992), per l’imposta sulle assicurazioni (art. 17, legge n. 216/1961), ecc. In tali ipotesi unico soggetto passivo dell’obbligazione tributaria è il sostituto d’imposta, con l’effetto che il sostituito (anche se sia stata esercitata la rivalsa) è estraneo al rapporto tributario e, pertanto, non è legittimato a presentare alcuna istanza di rimborso al Fisco, né potrà da questo essere perseguito per il pagamento dell’imposta.

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