Regime fiscale del patto di opzione e del patto di prelazione



Ai fini dell’applicazione del regime fiscale al patto di opzione nota1 occorre soprattutto considerare:
  • la natura giuridica del patto di opzione, di per sé non idoneo a trasferire alcun bene senza un necessario e successivo atto negoziale (accettazione del beneficiario del patto). Se il patto d’opzione è posto in essere nell’esercizio di impresa, e riguarda, ad esempio, la cessione di immobili, occorre considerare che ai fini delle imposte sui redditi la competenza va individuata nell’esercizio in cui è effettuata la stipula dell’atto ovvero del trasferimento della proprietà se successivo al trasferimento giuridico della proprietà (o della costituzione di altro diritto reale, usufrutto, ecc.). Infatti, il patto di opzione non può essere assimilato alla vendita con riserva della proprietà (o vendita con patto di riservato dominio, o vendita a rate) o alla locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti assimilate a cessioni vere e proprie (art. 109, comma 2, lett. a), D.P.R. n. 917/1986) nota2. In tutte e due queste fattispecie la proprietà è acquistata in modo automatico (col saldo del prezzo o con il termine della locazione ed il pagamento dei canoni), senza alcun altro autonomo atto negoziale nota3. Invece, il patto d’opzione per una futura vendita, è un accordo avente ad oggetto una proposta irrevocabile ed è necessaria una ulteriore manifestazione di volontà dell’accettante per la perfezione del contralto di vendita ed il trasferimento della proprietà nota4;
  • se in corrispettivo dell’opzione è dovuto al concedente un prezzo e il patto è posto in essere da soggetti IVA nell’ambito delle loro attività d’impresa o professionali, l’operazione configura un obbligo di fare soggetta ad IVA (art. 3, D.P.R. n. 633/1972).

Lo stesso può considerarsi valido per il patto di prelazione.

Note

nota1

L’istituto civilistico dell’opzione ex art. 1331 cod. civ. non va confuso con l’opzione o facoltà di scelta che il legislatore tributario concede al contribuente, ad esempio per scegliere un regime contabile. In quest’ultimo caso non si tratta di una manifestazione di volontà diretta a concludere un contratto, ma semplicemente di una comunicazione avente il mero valore di dichiarazione di scienza.
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nota2

Cfr. S. D’Andrea, Manuale Fisco, Il Sole - 24 Ore, § 881.
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nota3

Cfr. Cass. 20 marzo 1991, n. 3000.
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nota4

Cfr. Cass. 5 giugno 1987, n. 4901.
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