Manifestazione tacita o comportamento concludente



Con l'espressione manifestazione tacita (o comportamento concludente) si intende evocare una condotta significativa, dalla quale è desumibile interpretativamente una volontà negoziale che non si trova dichiarata in modo espresso nota1.

Non esiste, cioè, un significato ordinariamente diretto o convenzionalmente predeterminato del comportamento in cui si sostanzia la manifestazione: la volontà del soggetto è ricostruita in via logica in base all'analisi del contegno tenuto (Cass. Civ. Sez. II, 3296/96; Cass. Civ. Sez. I, 10354/92; Cass. Civ. Sez. II, 4230/87).

Quale esempio si può citare quello dell'automobilista che parcheggia l'auto in un posteggio a pagamento (ma avrà concluso un contratto di deposito o uno di locazione di un'area? cfr., sul puntoCass. Civ., Sez. Unite,
14319/11) o il comportamento di chi, salendo su un autobus manifesta l'intento di concludere un contratto di trasporto.

Le difficoltà della figura sono quelle di valutare la concludenza della condotta alla stregua del perfezionamento di un atto avente natura negoziale.

Si tratta infatti di fenomeni che debbono essere valutati alla stregua della prassi intercorrente tra le parti o degli usi e della sensibilità sociale (Cass. Civ. Sez. III, 7215/91; Cass. Civ. Sez. III, 5606/86).

L'aspetto di maggior rilevanza del tema in esame è quello della distinzione tra le fattispecie aventi consistenza negoziale e quelle aventi natura di meri atti giuridici.

A questo riguardo giova rilevare che la negozialità dell'atto implicherebbe la possibilità per l'autore di dar eventualmente conto dell'assenza di volontarietà degli effetti della propria condotta, ovvero dell'eventuale errore in cui fosse caduto, cosa che non potrebbe invece assumere rilevanza alcuna nel caso in cui la fattispecie fosse qualificabile come mero atto (Cass. Civ. Sez. Lavoro, 4301/98).

Si rammenta a tal proposito che, ogniqualvolta gli effetti giuridici di una fattispecie siano riconducibili direttamente all'apprezzamento di una norma giuridica, non avremo a che fare con una manifestazione tacita, nel senso che non si tratterà di una condotta avente natura negoziale.

Gli esempi fatti corrispondono pur sempre a manifestazioni dichiarative della volontà, ancorchè effettuate per il tramite di condotte concludenti.

Occorre evitare l'errore di sovrapporre le problematiche di cui sopra con quelle del negozio di attuazione, nel quale la volontà non viene dichiarata, bensì viene attuata direttamente dall'autore: il tema qui in esame è funzionale alla distinzione tra atti negoziali e meri atti, mentre con il termine "negozio di attuazione" si evocano atti di natura sicuramente negoziale nei quali la modalità di perfezionamento dell'atto risulta del tutto peculiare nota2.

Nel caso del soggetto che sale sul bus e manifesta con la propria condotta di voler concludere un contratto di trasporto, il contegno possiede natura di una manifestazione tacita di volontà che pone eventualmente il problema dell'errore. Possono essere fatti valere i vizi della volontà? Può dire chi è salito sul bus: mi sono sbagliato? Può dire chi ha parcheggiato l'auto che non intendeva lasciarla in custodia? Si badi che la prestazione di trasporto o di custodia potrebbe esser già stata effettuata dalla controparte nota3.

Un'altra questione è se il silenzio possa valere come dichiarazione tacita di volontà. Gli interpreti sono concordi nel negare qualsiasi rilievo giuridico al motto "chi tace acconsente"nota4. Il silenzio può valere quale manifestazione tacita o espressa o come condotta legalmente tipizzata (tale da evocare un atto non connotato da negozialità) solo concorrendo determinate circostanze di fatto o in relazione al disposto della legge nota5.

Giova notare che le condotte concludenti non possono valere a porre indirettamente nel nulla gli eventuali vincoli di natura formale riguardanti l'atto. Pertanto una pattuizione avente quale effetto la costituzione, modificazione, estinzione di diritti reali immobiliari non potrebbe essere desumibile per il tramite di condotte concludenti (Cass. Civ. Sez. III, 3610/84) nota6. Diversamente si dovrebbe dire, ove il contegno avesse ad oggetto non direttamente la volontà diretta a tali effetti, bensì una volontà di carattere accessorio (Cass. Civ. Sez. II, 3965/84) nota7.

In alcune ipotesi, infine, la legge non ritiene sufficiente una dichiarazione tacita, richiedendo esplicitamente una manifestazione espressa di volontà (per es.: prestazione di una fidejussione, art. 1937 cod.civ.).

Note

nota1

Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.214.
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nota2

Cfr.Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997, p.136.;
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nota3

Nega la possibilità di far valere, in questi casi, un vizio del volere Gazzoni, Manuale di dir.priv., Napoli, 1996, p.93.
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nota4

Bianca, Diritto civile, vol.III, Milano, 2000, p.211 e Torrente-Schlesinger, Manuale di dir.priv., Milano, 1985, p.171.
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nota5

In questo senso Sacco, La conclusione dell'accordo, in I contratti in generale, t.1, a cura di Gabrielli, Torino, 1999, p.79.
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nota6

Così anche Bianca, Diritto civile, vol.III, Milano, 2000, p.283.
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nota7

Liserre-Jarach, La forma, in Il contratto in generale, t.3, in Trattato di dir.priv., Torino, 1999, p.420.
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Bibliografia

  • LISERRE-JARACH, La forma, Torino, Trattato dir. priv., 1999
  • SACCO, La conclusione dell'accordo, Torino, I contratti in generale, I, 1999
  • SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 2002

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