Cass. civile, sez. Lavoro del 1997 numero 2232 (13/03/1997)


Non costituiscono cause giustificative del rifiuto della prestazione lavorativa, ovvero della unilaterale sospensione del rapporto di lavoro - con la conseguente configurabilità della mora credendi a carico del datore di lavoro il quale è pertanto tenuto, nei confronti del lavoratore, al risarcimento del danno, corrispondente alle retribuzioni dovute nel corrispondente periodo - le situazioni ostative riguardanti la persona del datore di lavoro o la gestione e l' organizzazione dell' impresa quando queste non integrino un' ipotesi di assoluta impossibilità del datore di lavoro di collaborare all' adempimento della prestazione dovuta, non rilevando in contrario, in relazione al principio di corrispettività della retribuzione, la circostanza della mancata effettuazione della prestazione da parte del lavoratore. Infatti nel rapporto di lavoro, in base ad una lettura delle disposizioni di cui agli artt. 1206 e 1227 cod. civ. coerente con i principi di cui agli artt. 4 (in tema di diritto al lavoro) e 36 (in tema di retribuzione equa e sufficiente) della Costituzione, al fine di valutare la sussistenza "dell' an debeatur" della retribuzione nei periodi di sospensione unilaterale della prestazione lavorativa, non è sufficiente la considerazione del rapporto sinallagmatico tra obbligazione di lavoro ed obbligazione retributiva, essendo necessario un ulteriore accertamento volto a verificare se la mancata effettuazione della prestazione lavorativa sia dipesa da fatto imputabile all' una o all' altra parte del rapporto; qualora da tale accertamento risulti che vi sia stato un rifiuto della prestazione, senza legittimo motivo (art. 1206 cod. civ.), da parte del datore di lavoro, spetta al lavoratore il diritto al risarcimento del danno, previa intimazione a ricevere (art. 1217 cod. civ.), la quale non richiede requisiti formali e può, trattandosi di rapporto di lavoro in atto, considerarsi manifestata dalla disponibilità del lavoratore, salvo prova contraria del datore di lavoro, di proseguire l' attività lavorativa illegittimamente rifiutata.

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