Cass. civile, sez. II del 1987 numero 4230 (07/05/1987)


Il legittimario leso può rinunciare all' azione di riduzione delle disposizioni lesive della sua quota di riserva, senza che occorra un' espressa manifestazione di volontà, essendo sufficiente una rinuncia tacita ancorché in base a un comportamento inequivoco e concludente del soggetto interessato, che sia incompatibile con la volontà di far valere il diritto alla reintegrazione. (Nella specie, la suprema corte, alla stregua del surriportato principio, ha ritenuto incensurabile la decisione dei giudici di merito i quali avevano escluso che potesse ravvisarsi rinuncia tacita all' azione di riduzione nel fatto che i legittimari avevano chiesto la divisione giudiziale dei beni caduti nella successione "nel pieno rispetto della volontà testamentaria", ed ignorando la lesione della loro quota di riserva).L'azione di riduzione, di natura personale, si prescrive nell'ordinario termine di dieci anni decorrente dall'apertura della successione senza che possa aver rilievo, a tal fine, l' individuazione del momento in cui il legittimario ha scoperto la lesione della propria quota di riserva. La prescrizione, tuttavia, resta interrotta quando il legittimario abbia posto in essere atti diretti in modo univoco a far valere la sua pretesa, come quando abbia chiesto, nel predetto termine decennale, la tutela giurisdizionale del proprio diritto con la proposizione della domanda di riduzione, a nulla rilevando che tale domanda sia stata dichiarata inammissibile per ragioni di rito. (Nella specie perchè proposta tardivamente nel corso del giudizio divisorio, senza che su di essa fosse stato accettato il contraddittorio).

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