Cass. civile, sez. I del 1999 numero 827 (01/02/1999)


L' art. 2 della legge 10 ottobre 1990 n. 287 non stabilisce che solo le "intese" cosiddette "verticali" possano dare luogo a distorsioni della concorrenza, né può sostenersi che una "intesa orizzontale" non possa dare luogo a comportamento sanzionabile ai sensi della suddetta disposizione se non si traduca altresì nell' abuso di cosiddetta "posizione dominante" previsto dal successivo art. 3. Ciò che infatti rileva è che tutti i comportamenti, ancorché si traducano in liberi accordi tra soggetti che operano allo stesso livello di mercato, se incidono sulla libertà economica delle imprese del settore, danno luogo ad un cartello. Da ciò consegue che il profilo per cui un accordo tra imprese non abbia presupposto meccanismi di coercizione e non comporti effetti vincolanti nel senso comunemente attribuito ai contratti intesi quali fonti di obbligazioni, non è sufficiente a sottrarlo alla qualifica di "intesa", la cui illiceità deriva - anzitutto - dall' oggetto o dall' effetto anticoncorrenziale.Una intesa che consenta ad uno dei suoi autori di appropriarsi dei momenti decisionali che provvedono alla strategia ed anche all' ordinaria conduzione di altra impresa concorrente è suscettibile di essere assunta nella griglia delle proibizioni di cui all' art. 2 della legge 10 ottobre 1990 n. 287. Il "mercato" - infatti -, concepito quale luogo della libertà di iniziativa economica, presuppone l' esistenza di soggetti economici realmente tali, ovvero in grado di esercitare i diritti di libertà in questione. Deve perciò trattarsi di soggetti effettivamente responsabili delle scelte di impresa ad essi formalmente imputabili, giacché la nozione di "mercato libero" presuppone che il gioco della concorrenza - per adoperare l' espressione della legge - venga attuato da soggetti in grado di autodeterminarsi.

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