Cass. civile, sez. Lavoro del 1983 numero 3204 (10/05/1983)


I consorzi di bonifica di cui al R.D. 13 febbraio 1933 n. 215 (costituiti, fra i proprietari interessati, per l'esecuzione, la manutenzione e l'esercizio di opere di bonifica nonché delle altre opere di interesse comune a più fondi o di interesse particolare ad uno di essi) svolgono - avendo natura di enti pubblici ecomici - un'attività qualificabile come imprenditoriale, dal che consegue l'applicabilità a tali enti delle norme dello statuto dei lavoratori e, in particolare, dell'art. 18 di esso, nei limiti dei requisiti dimensionali (numero dei dipendenti occupati) stabiliti dal successivo art. 35.In relazione ai requisiti dimensionali (numero dei dipendenti occupati) stabiliti dall' art. 35 della legge n. 300 del 1970 per l' applicabilità (fra l' altro) dell' art. 18 della stessa legge (sulla reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro), la natura - industriale od agricola - dell' attività imprenditoriale svolta dai consorzi di bonifica non va accertata sulla base di criteri generali ed astratti - come quelli stabiliti, rispettivamente ai fini del tipo di contribuzione per le assicurazioni sociali e della determinazione del reddito agrario, dall' art. 33 del D.P.R. 30 maggio 1955 n. 797 e dall' art. 28 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 597 - ma, in conformità all' enunciazione del primo comma dell' art. 2070 cod. civ., posta in necessario collegamento con gli artt. 2195 e 2135 dello stesso codice, sulla base dell' attività effettivamente esercitata da tali enti, da considerare, peraltro, dopo la soppressione dell' ordinamento corporativo, non già alla stregua di criteri meramente merceologici ma tenendo conto della valutazione operatane dalla contrattazione collettiva. (Nella specie, è stato ritenuto il carattere agricolo dell' attività del consorzio ricorrente, in relazione ai compiti da esso perseguiti e all' inquadramento del relativo personale nel settore agricolo, alla stregua del contratto collettivo dell' 1 gennaio 1975-31 dicembre 1977, stipulato dal sindacato nazionale enti di bonifica italiani e dal sindacato bracciantili C.G.I.L., C.I.S.L. e U.I.L.).La norma del terzo comma dell' art. 1 della legge 18 aprile 1962 n. 230 (disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato) - secondo cui "l' apposizione del termine è priva di effetto se non risulta da atto scritto" - non può essere interpretata se non nel senso che tale apposizione deve costituire clausola originaria del contratto (nelle situazioni sostanziali previste dal medesimo articolo, che debbono sussistere congiuntamente al requisito formale predetto), come confermato, in particolare, dagli elementi testuali contenuti nell' art. 2 della stessa legge circa la proroga del contratto ("per un tempo non superiore alla durata del contratto iniziale") e gli effetti della continuazione del rapporto "dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato". pertanto, un contratto di lavoro stipulato senza apposizione (scritta) del termine è da considerare a tempo indeterminato (con tutte le relative conseguenze), restando esclusa l' apponibilità di un termine in forza di una clausola scritta stipulata nel corso del successivo svolgimento del relativo rapporto.

Documenti collegati

Percorsi argomentali

Aggiungi un commento


Se vuoi aggiornamenti su "Cass. civile, sez. Lavoro del 1983 numero 3204 (10/05/1983)"

Iscriviti alla Newsletter di WikiJus!

Iscriviti