Cass. civile, sez. II del 2018 numero 29342 (14/11/2018)



La natura giuridica e i limiti di efficacia della dichiarazione del coniuge non acquirente, partecipe all’atto di compravendita si atteggia diversamente a seconda che la personalità del bene dipenda dal pagamento del prezzo con i proventi del trasferimento di beni personali, o alternativamente dalla destinazione del bene all’esercizio della professione dell’acquirente. Solo nel primo caso la dichiarazione del coniuge non acquirente assume natura ricognitiva della natura personale e portata confessoria dei presupposti di fatto già esistenti. Laddove nel secondo esprime la mera condivisione dell’intento altrui. Ne consegue che la successiva azione di accertamento della sussistenza della comunione legale sul bene acquistato, mentre è condizionata, nella prima ipotesi, dal regime di prova legale della confessione stragiudiziale, superabile nei limiti di cui all’art. 2732 c.c., per errore di fatto o violenza, nella seconda implica solo la prova dell’effettiva destinazione del bene, indipendentemente da ogni indagine sulla sincerità dell’intento manifestato.
La dichiarazione concorde del ricorrente nell’atto notarile non può considerarsi idonea a determinare in sé l’esclusione della comunione dell’acquisto fatto dalla controricorrente, caratterizzata come è dal richiamo alle conseguenze giuridiche dell’atto.

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