Cass. civile, sez. II del 1985 numero 207 (21/01/1985)


Quando il testatore disponga l'usufrutto dell'intero suo patrimonio o di parte di esso con facoltà del beneficiario di vendere i beni ereditari in caso di bisogno, è configurabile la istituzione di erede ogni qual volta il riferimento a tale stato valga come semplice raccomandazione del disponente, oppure quando la determinazione del bisogno è affidata alla valutazione discrezionale del beneficiario stesso, mentre nel caso in cui detta facoltà è condizionata all'obiettivo verificarsi del bisogno, vanno ravvisati due legati, uno puro e semplice, concernente l'usufrutto della eredità, e l'altro, sospensivamente condizionato all'obiettivo verificarsi alla situazione di bisogno, avente per oggetto i beni da vendere per sopperire a questa situazione. Per la individuazione della volontà del testatore, che prevale sulle espressioni usate, vanno utilizzate le regole ermeneutiche dettate dal codice, con gli adattamenti imposti dalla natura di negozio unilaterale non recettizio del testamento, e anche i mezzi sussidiari di interpretazione per fugare i dubbi nelle dichiarazioni formulate in modo impreciso, al fine di ricercare con il necessario approfondimento l'effettiva volontà del disponente, senza escludere il principio della conservazione sancito dall'art. 1367 cod. civ., che fornisce un utile criterio per riconoscere fra i diversi effetti ipotizzabili quello meglio rispondente alla funzione, sempre nel rispetto della volontà manifestata dal testatore. La sostituzione fedecommissaria vietata, che richiede la attribuzione in proprietà dei beni da conservare in vista del loro ritrasferimento, non avviene quando l'usufrutto sia separato dalla proprietà, così da attribuire ai chiamati in via successiva diritti diversi, dovendosi presumere che il testatore abbia inteso disporre validamente delle proprie sostanze

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