Cass. civile, sez. II del 2021 numero 14105 (24/05/2021)




In tema di acquisti effettuati dai coniugi, non cade in comunione legale la quota dell’immobile acquistata da uno dei coniugi nel giudizio di divisione ereditaria. Il versamento del conguaglio, infatti, non modifica la natura dichiarativa della sentenza perché l’assegnazione di un bene a un condividente non è qualificabile come atto di alienazione.Il principio della natura dichiarativa della sentenza di divisione opera esclusivamente in riferimento all'effetto distributivo (sicché ciascun condividente è considerato titolare, sin dal momento dell'apertura della successione, dei soli beni concretamente assegnatigli, a condizione, appunto, che si abbia una distribuzione dei beni comuni tra i condividenti e le porzioni a ciascuno attribuite siano proporzionali alle rispettive quote). Viceversa non opera, sicché la sentenza produce effetti costitutivi, quando ad un condividente sono assegnati beni in eccedenza rispetto alla sua quota, in quanto rientranti nella quota altrui. La sentenza che, nel disporre la divisione della comunione, pone a carico di uno dei condividenti l'obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di conguaglio, persegue il mero effetto di perequazione del valore delle rispettive quote, nell'ambito dell'attuazione del diritto potestativo delle parti allo scioglimento della comunione. Tant'è che, da un lato, si soggiunge che l'adempimento dell'obbligo del conguaglio non costituisce condizione di efficacia della sentenza di divisione, i cui effetti "dichiarativi - retroattivi" permangono impregiudicati nonostante l'inadempimento dell'obbligo; dall'altro, si puntualizza che lo scioglimento della comunione ereditaria con assegnazione di un bene ad un condividente non è qualificabile come atto di alienazione.

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