Validità dell’associazione professionale internazionale tra avvocati e commercialisti. (Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 8871 del 16 aprile 2014)

In materia di associazione professionale tra avvocati e dottori commercialisti con partecipazione di società personale di diritto straniero deve ritenersi che siano osservati i requisiti di forma dell'art. 1 della l. n. 1815/39, laddove oggetto sociale è lecito, i soci sono soggetti abilitati, né la partecipazione della compagine ha fatto venir meno la sussistenza di detto requisito, trattandosi di società semplice i cui associati sono tutti muniti dei necessari titoli abilitativi e della correlativa iscrizione agli albi di appartenenza secondo la legislazione dei Paesi di provenienza e in cui operano, né incidendo la mancata abilitazione in capo ad alcuni associati anche alla luce dell'orientamento della dottrina, che ritiene ora sufficiente che l'abilitazione sia posseduta dalla maggioranza dei membri degli organi sociali e che comunque non si determinerebbe la nullità del contratto associativo.

Commento

(di Daniele Minussi)
La vertenza traeva spunto dalla domanda giudiziale intesa a sentir pronunziare la nullità dell'atto associativo a cagione dell'illegittimità della partecipazione all'associazione professionale di società personale di diritto straniero (nella specie di diritto tedesco) i cui soci non erano tutti soggetti dotati di abilitazione professionale. La S.C. ha invece deciso nel senso opposto, cioè della "compatibilità del principio della personalità della prestazione con l'esercizio in forma associata e societaria della professione a condizione che il regime giuridico dei soci sia in posizione di perfetta equiordinazione con quello del professionista individuale che risponde personalmente ed illimitatamente delle proprie prestazioni".

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