Concorso tra delazione legittima e delazione testamentaria



Problemi più rilevanti anche dal punto di vista pratico sono costituiti dall'ipotesi di concorso delle due delazioni, legittima e testamentaria nota1.

Tale concorso è legittimato dalla base testuale rappresentata dal II comma dell'art. 457 cod.civ. che prevede farsi luogo alla successione legittima anche quando manchi, pur solo in parte, la chiamata testamentaria.

In ciò si afferma il ripudio del sistema vigente per uno dei capisaldi del diritto romano, ben riassunto dal noto brocardo nemo pro parte testatus pro parte intestatus decedere potest nota2.
Di tutta evidenza appare la ratio che giustifica l'ammissibilità di un concorso delle due delazioni. Tale possibilità, infatti, sembra da un lato rispondere all'esigenza che tutte le sostanze relitte abbiano un titolare attuale e, dall'altro, fondarsi sulla preminenza, anche solo parziale, della volontà testamentaria.

Il concorso fra successione legittima e successione testamentaria ha fatto sorgere in dottrina il problema se si tratti effettivamente di due distinte delazioni, ciascuna con la proprie peculiarità, o si tratti invece di una unica delazione complessa, risultante dalla combinazione e dalla sintesi dei due modelli che la compongono nota3 .

La questione presenta un interesse non solo teorico, ma anche direttamente pratico ed operativo: laddove si trattasse di due distinte delazioni sarebbe possibile ipotizzare vicende separate per le due successioni, con la possibilità di accettarne una e rifiutarne un'altra. Risulta preferibile ed attualmente prevalente la tesi secondo la quale l'unicità della delazione si ricava da una serie di norme presenti nel nostro ordinamento. In particolare il III comma dell'art. 475 cod. civ. vieta una accettazione parziale dell'eredità.
L'art. 483 cod.civ. prevede inoltre l'ipotesi di colui il quale, avendo accettato come erede legittimo, rimanga comunque erede anche in caso di successiva scoperta di un testamento che lo contempli quale erede (cfr. Cass.Civ. Sez.II, 6190/84) nota4.
Correttamente si è osservato che se le delazioni fossero due, non essendovi
nel caso in esame i presupposti per l'operatività della successione legittima, dovrebbe richiedersi una successiva distinta accettazione per la chiamata testamentaria, che in alcun modo potrebbe considerarsi assorbita dall'accettazione scaturente dalla vocazione legittima alla successione nota5.

Relativamente alla parte del patrimonio relitto per il quale non opera la successione testamentaria si aprirà la successione legittima, che potrà eventualmente coinvolgere anche i chiamati testamentari, ricorrendone i requisiti, sempre che non risulti una diversa volontà del testatore, ad ulteriore conferma del ruolo prettamente suppletivo riservato nel nostro ordinamento
alla successione legittima nota6.
In tal caso, secondo la dottrina assolutamente prevalente, siamo di fronte ad una delazione unica a favore di una medesima persona (In giurisprudenza, ex multis, Cass.Civ., 580/60)nota7. In base a tale principio la Cassazione ha deciso che un erede istituito per testamento in una quota non può rinunciare alla propria delazione testamentaria optando unicamente per quella legittima. Tale risultato potrà essere raggiunto non già per il tramite di una rinuncia unilaterale alla delazione testamentaria (inammissibile in virtù del principio dell'unicità sopra enunciato), bensì con un negozio traslativo avente ad oggetto la quota ereditaria o parte di essa, a favore degli altri coeredi nota8.

Ne segue che, quando i chiamati all'eredità convengano di non far valere il testamento del de cuius e di ripartirsi l'asse ereditario in parti uguali secondo i principi stabiliti dalla successione legittima, si sarà in presenza di un atto di disposizione delle quote di ciascun chiamato. Nel caso in cui ciò comporti il trasferimento di beni immobili da uno degli eredi (favorito in base alle disposizioni testamentarie) all'altro erede, detto atto dovrà rivestire la forma scritta ad substantiam, senza che possa essere provato a mezzo di atti scritti successivi (nella specie vendita di beni ereditari) che lo presuppongono.

Di recente si è tornati sul tema, con una pronuncia della Corte di Cassazione che non ha mancato di provocare perplessità nei commentatori nota9. In particolare, i giudici hanno
affermato la possibilità da parte degli eredi di rinunciare agli effetti della successione testamentaria anche nel caso di successiva scoperta di un valido testamento e mantenendo al contempo valida ed operante la successione legittima che gli stessi si erano fin dall'apertura della successione impegnati a rispettare (cfr. Cass.Civ. Sez.II, 9513/02 ). Messa così a fuoco, la questione appare fortemente dirompente, negando di fatto il principio dell'unicità della delazione che abbiamo visto essere assolutamente prevalente tra gli interpreti. In realtà l'affermazione va filtrata proprio attraverso tale principio: non si ritiene possibile "rinunziare" alla delazione testamentaria, in caso di successiva scoperta di un testamento. Ciò sarebbe
contrario al principio sopra enunciato, producendo due vicende diverse rispettivamente per la delazione legittima, accettata, e per quella testamentaria, oggetto di rinunzia. In realtà, in virtù della prevalenza di questo secondo tipo di successione e tenuto conto, si ripete, dell'unicità della delazione, gli eredi non fanno altro che disporre, ora per allora, la rinunzia ad ogni diverso assetto patrimoniale. Ciò si ottiene non già attraverso una rinunzia della delazione testamentaria (che anzi risulta assorbente rispetto alla primitiva successione legittima), ma ad un diverso atto abdicativo rispetto agli effetti di essa sul piano economico. Gli eredi dispongono in tal modo delle quote individuate dal testamento, in modo da garantire il rispetto dell'assetto su cui fin da subito si erano accordati. Peculiarità della decisione in esame è rappresentata dal fatto che in questo caso gli eredi hanno disposto dei beni ereditari "ora per allora", cioè anche in difetto di un testamento attuale in grado di alterare l'accordo tra loro raggiunto. Resta comunque tutta la perplessità per la legittimità di tale convenzione: mancando la conoscenza della successione testamentaria, delle quote da essa eventualmente indicate, resta difficilmente comprensibile comprendere su quale base possano gli eredi "rinunziarvi". La nullità dell'accordo per indeterminatezza dell'oggetto resta pertanto il probabile esito ermeneutico.

In definitiva, tenuto conto del quadro normativo sopra indicato, si ritiene preferibile negare la configurabilità di due distinti ed autonomi negozi di accettazione dell'eredità.
Appare certamente più conforme all'intento del legislatore la previsione di un unico diritto di accettazione, soggetto a prescrizione ove non venga esercitato nel termine di dieci anni dal giorno dell'apertura della successione, a prescindere dall'eventuale successivo rinvenimento di testamenti regolanti la medesima successione. Valga inoltre, come è stato fatto notare, l'osservazione del dato positivo. Colui che intende accettare l'eredità ha solo l'onere di precisare il nome dell'ereditando e non quello di specificare se l'accettazione sia rivolta alla delazione legittima o testamentaria, eventualmente concorrenti a proprio favore nota10. Proseguendo per questa linea, si è altresì sostenuto che se l'accettazione fosse rivolta verso un tipo di delazione anziché verso l'eredità nel suo complesso, non sarebbe ammissibile una accettazione da parte del chiamato che ignori l'esistenza stessa del testamento.
Quantomeno l'accettazione stessa sarebbe da ritenersi improduttiva di effetti, non sussistendo i presupposti per l'apertura della successione legittima a favore di costui nota11.

In realtà l'ordinamento prevede la possibilità di mantenere tutti gli effetti al negozio di accettazione, estendendone la portata anche verso la delazione testamentaria successivamente scoperta, solo perché non si distingue il titolo della chiamata e risulta pertanto indifferente ai fini della successione dell'erede nel patrimonio e nei diritti del de cuius.

Note

nota1

Sul tema si vedano: Rescigno, Interpretazione del testamento, Napoli, 1952, p.149; Santoro Passarelli, Vocazione legale e vocazione testamentaria, in Riv.dir.civ., 1942, p.202; Nicolò, La vocazione ereditaria diretta ed indiretta, Messina, 1934, p.23.
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nota2

In dottrina si fa rilevare come, affinché possano concorrere le due forme di delazione, queste debbano avere ad oggetto una quota ereditaria. Conseguentemente, nel caso in cui il testamento prevedesse solamente disposizioni a titolo particolare, l'istituzione di erede avverrà solo ex lege.
La Cass.Civ., 1368/71 prevede il caso che l'attribuzione di beni determinata in funzione di quote non esaurisca l'intera massa di beni: in tal caso i beni residui si trasmettono agli
eredi ex lege e la delazione legittima opera anch'essa come istituzione ex rebus certis e non come legato.
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nota3

Così Cannizzo, Successioni legittime e necessarie, in Il diritto privato nella giurisprudenza a cura di Cendon, vol. II, Torino, 2000, p.136.
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nota4

La Suprema Corte ha, in altra occasione, deciso che " il soggetto istituito erede universale per testamento non può ignorare la propria delazione testamentaria, dichiarandosi erede legittimi e chiedendo sic et simpliciter la quota legittima dell'eredità".
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nota5

Così Capozzi, Successioni e donazioni , Milano 2002, p.329; Santoro Passarelli, op.cit., p.202.
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nota6

Tamburrino, voce Successione legittima, in Enc.Dir., p.1325.
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nota7

Santoro Passarelli, op.cit., p.201; Cariota Ferrara, Le successioni per causa di morte. Parte generale, t.1, Napoli, 1959, p.10; Cattaneo, La vocazione legittima , in Tratt.dir.priv. diretto da Rescigno, Torino, 2000, p.430. In senso contrario si è pronunciato Cicu, Successione legittima e dei legittimari , Milano, 1947, p.18 che partendo dal presupposto che le delazioni sono pur sempre due e come tali assolutamente distinte, coerentemente ammette la possibilità che si accetti una sola delle due, rifiutando nel contempo l'altra.
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nota8

Trattandosi di un'unica delazione e di un unico diritto di accettazione, nel caso in cui si proceda all'accettazione dell'eredità devoluta per legge, è consentito ai chiamati ed ai terzi, nel caso di testamento scoperto successivamente e qualunque sia il tempo trascorso dall'apertura della successione, di chiedere l'esecuzione dello stesso, sia nel caso in cui si presenti più favorevole agli interessi del chiamato sia nel caso opposto, per il quale è previsto il temperamento rappresentato dal principio per cui l'erede non può essere chiamato a soddisfare i legati previsti nel testamento oltre il valore dell'eredità o con il pregiudizio della porzione di legittima che gli è riservata. Così, Cass.Civ. Sez.II, 5666/88.
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nota9

Battista, in Not., 2003, p. 385, nota a Cass.Civ. Sez.II, 9513/02, Successione legittima e successione testamentaria: unicità della delazione?
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nota10

Così Cannizzo, op.cit., p.132.
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nota11

Cannizzo, Successioni testamentarie: interpretazione sistematica della normativa vigente e orientamenti giurisprudenziali, Roma, 1996, p.7.
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Bibliografia

  • CANNIZZO, Successioni legittime e necessarie, Torino, Il diritto privato nella giurisprudenza , II, 2000
  • CANNIZZO, Successioni testamentarie, Roma, 1996
  • CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 2002
  • CARIOTA-FERRARA, Le successioni per causa di morte. Parte generale, Napoli, t. 1, 1959
  • CATTANEO, La vocazione legittima, Torino, Tratt.dir.priv. diretto da Rescigno, vol. V, 2000
  • CICU, Successione legittima e dei legittimari, Milano, 1947
  • NICOLO', La vocazione ereditaria diretta ed indiretta, Messina, 1934
  • RESCIGNO, Interpretazione del testamento, Napoli, 1952
  • SANTORO PASSARELLI, Vocazione legale e vocazione testamentaria, Riv.dir.civ., 1942
  • TAMBURRINO, Successione legittima, Enc.dir.


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