La relazione degli amministratori



Secondo l'art. 2501 quinquies cod. civ. l'organo amministrativo delle società partecipanti alla fusione devono redigere una relazione la quale illustri e giustifichi, sotto il profilo giuridico ed economico, il progetto di fusione ed in particolare il rapporto di cambio delle azioni o delle quote, indicandone i criteri di determinazione e le eventuali difficoltà di valutazione.
Va segnalato come, all'esito della novellazione della norma in esame per effetto del D.Lgs. 123/12, l'organo amministrativo è altresì tenuto a segnalare ai soci in assemblea nonchè all'organo amministrativo delle altre società coinvolte nel procedimento, le modifiche rilevanti degli elementi attivi e passivi che siano eventualmente intervenute tra la data di pubblicazione del progetto di fusione e la data della decisione ad essa relativa.

La relazione degli amministratori costituisce uno dei documenti più importanti dell'intero procedimento di fusione. Essa ha lo scopo di integrare il progetto di fusione illustrando gli aspetti più significativi dell'operazione. Considerato infatti che dal concambio previsto dagli amministratori non deve discendere alcun pregiudizio di tipo patrimoniale in capo ai soci, questi devono essere messi nella condizione di poter valutare concretamente le conseguenze economiche derivanti dall'operazione. One controllare tale aspetto e valutare la convenienza (o meno) dell'operazione, essi avranno a disposizione solo la relazione degli amministratori, integrata sul punto da quella predisposta dagli esperti all'uopo nominati.

Come precisato nell'art. 2501 quinquies cod. civ. , gli amministratori devono provvedere ad illustrare e giustificare, sul piano giuridico ed economico, il progetto di fusione. In particolare essi hanno il compito di esplicare il processo logico seguito nel valutare l'operazione da un punto di vista economico, portandolo a conoscenza dei terzi. Il termine "giustificare" utilizzato dal legislatore, in particolare, lascia chiaramente intendere come la relazione de qua abbia "il compito di mettere in luce le motivazioni di carattere aziendale che hanno spinto gli amministratori a proporre l'operazione. Esse possono consistere in una prima approssimazione, in una immediata e prospettica riduzione dei costi o aumento di ricavi. Possono inoltre consistere in un rafforzamento o in un riequilibrio della struttura patrimoniale e finanziaria della società o in un rafforzamento della sua presenza sul mercato o ancora nell'ingresso in nuovi mercati in una politica di diversificazione del rischio settoriale. L'importanza di esplicitare tali motivazioni è evidente: non sempre le operazioni di carattere straordinario corrispondono all'interesse economico dell'azienda in sé considerata. A volte hanno invece lo scopo di massimizzare i vantaggi propri del gruppo di comando. L'obbligo imposto dal legislatore è da leggersi principalmente in tal senso: giustificare l'operazione da un punto di vista economico significa quindi dimostrare che essa risponde all'interesse dell'azienda" nota1.

Gli amministratori dovranno quindi fornire le motivazioni dell'operazione e le conseguenze che da essa seguiranno, da un punto di vista strategico, commerciale, produttivo, organizzativo, finanziario e occupazionale.

L'esplicazione delle ragioni poste a base dell'operazione si rende oltretutto opportuna per evitare l'applicazione della disciplina antielusiva di cui all'art. 37 bis del DPR 600/1973 (come modificato dal comma 65 dell'art.unico della Legge 27 dicembre 2006, n.296 , c.d." Finanziaria 2007" nonchè dal comma 84 dell'art.1 della Legge 24 dicembre 2007, c.d. "Finanziaria 2008" ), atteso che una delle condizioni richieste per la sua operatività è proprio l'insussistenza di "valide ragioni economiche" per l'operazione posta in essere. Gli amministratori dovranno pertanto illustrare gli ulteriori effetti giuridici che dall'operazione potranno scaturire, quali gli effetti sul diritto di recesso dei soci, sulla responsabilità dei soci in ordine ai contratti in corso, ecc.

Per quanto concerne la giustificazione giuridica dell'operazione, si ritiene che la dizione dell'articolo in commento debba essere intesa nel senso che la relazione debba rappresentare le conseguenze giuridiche che discenderanno in capo ai soci che a seguito della fusione. A seconda del tipo di società risultante dalla fusione, diverse saranno infatti le conseguenze derivanti in capo ai soci con speciale riguardo all'ampiezza della responsabilità da essi assunta per le operazioni compiute dalla società ovvero ai diritti derivanti dalle azioni o quote loro attribuite. Una diversa interpretazione non può essere accolta in quanto, in presenza di un istituto che l'ordinamento ha riconosciuto meritevole di tutela, non ha senso parlare di giustificazione giuridica dell'operazione (nel senso di un giudizio di meritevolezza rieccheggiante quello di cui all'art. 1322 cod.civ. ), ma eventualmente di legittimità ovvero illegittimità di essa, alla luce delle norme che la disciplinano.

Circa i terzi destinatari delle informazioni contenute nella relazione degli amministratori, questi sono principalmente i soci e, in secondo luogo, i terzi creditori.

In particolare la relazione dell'organo amministrativo costituirà la base della valutazione sulla convenienza economica dell'operazione per i soci, utile al fine dell'esercizio del loro diritto di approvare o meno la delibera di fusione. Per i creditori essa piuttosto costituirà un valido strumento per valutare un'eventuale opposizione alla fusione.A tal fine, la relazione dovrà ripercorrere il processo attraverso il quale si è giunti alla determinazione del valore del patrimonio delle società interessate e dei metodi seguiti al fine della determinazione del concambio, nonché precisare le eventuali difficoltà di valutazione incontrate. Da questo punto di vista, assume particolare rilevanza l'illustrazione dei metodi utilizzati nella definizione del rapporto di concambio e dell'eventuale conguaglio in denaro. Sia il rapporto di concambio che l'eventuale conguaglio in denaro devono infatti garantire al socio della società incorporata o fusa l'esatta corrispondenza, comparativamente fissata nell'ambito della stessa società, della vecchia partecipazione al valore attribuito alla nuova nota2. La fusione, infatti (fatte salve le ipotesi di cui all'art. 2437 cod. civ. ), non determina l'insorgenza in capo al socio di un diritto di recesso (salvo che si tratti di fusione cui partecipano società di persone), a meno che non abbia a determinarsi una parallela modifica dell'oggetto sociale, del tipo di società o il trasferimento della sede all'estero. In assenza di tali condizioni, qualora il socio di minoranza ritenga di essere leso dalla determinazione del rapporto di concambio, non potrebbe fare altro se non impugnare la delibera di fusione ed esperire l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori ex art. 2392 cod. civ. , sempre che ne ricorrano i presupposti di legge. E' da sottolineare tuttavia come tale strumento non sia facilmente praticabile da parte del socio. Il rapporto di concambio è comunque frutto di una valutazione soggettiva da parte dell'organo amministrativo, sebbene operata sulla base di criteri improntati al principio della ragionevolezza. Ne segue che il socio che intendesse impugnare la delibera di fusione facendo valere un rapporto di cambio iniquo e lesivo delle proprie posizioni, dovrebbe necessariamente dare conto del fatto che la valutazione del rapporto operata dagli amministratori eccede il limite della ragionevolezza o, meglio, della ragionevole opinabilità, essendo il frutto di un intento fraudolento lesivo dei suoi interessi economici. E' stato inoltre deciso che la congruità del rapporto di cambio, essendo il frutto di una valutazione soggettiva, non può essere sindacata dal tribunale in sede di volontaria giurisdizione (Tribunale di Udine, 21/03/1995 ), se non a seguito della dimostrazione dell'incongruità ed inadeguatezza dei metodi e i criteri utilizzati per la fissazione del concambio.

L'incongruità e l'inadeguatezza sono tuttavia difficilmente dimostrabili. Avendo il legislatore affidato la determinazione del concambio alla "discrezionalità tecnica" degli amministratori, la sindacabilità della delibera assembleare che approva il progetto di fusione, può dirsi circoscritta solo ai casi in cui tale rapporto sia determinato arbitrariamente e sulla base di dati incompleti. Si può dunque concludere che nella determinazione del concambio la discrezionalità degli amministratori sia contenuta entro il limite costituito dal contemperamento tra i diritti dei soci al mantenimento del valore economico delle proprie quote o azioni e la possibilità di operare una valutazione che tenga conto dei differenti "poteri contrattuali" delle società partecipanti alla fusione, in ordine alla determinazione delle quote dei singoli soci. Il limite alla relativa delibera di approvazione è dunque rappresentato dal solo e generico divieto di non arrecare danni alla società (Cass. Civ. Sez. I, 15599/00).

Note

nota1

Farnetti-Savioli, La scissione di società, Milano, 1993.
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nota2

Cass. Civ. Sez. I, 693/76 .
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Bibliografia

  • FARNETTI-SAVIOLI, La scissione di società, Milano, 1993

Prassi collegate

  • Quesito n. 243-2015/I, Delibera di fusione portante un rapporto di cambio diverso da quello indicato nella relazione degli amministratori

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