Consiglio di Stato del 2012 numero 4832 (05/07/2012)



Consiglio di Stato - Sezione Consultiva per gli Atti Normativi - Adunanza di Sezione del 7 giugno 2012

NUMERO AFFARE 04832/2012
Ministero della giustizia - Ufficio legislativo

Regolamento in materia di società per l'esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico

LA SEZIONE
Vista la nota di trasmissione della relazione in data 22 maggio 2012 con la quale il Ministero della giustizia - Ufficio legislativo ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Marco Lipari;

Premesso e considerato:
Il Ministero della giustizia riferisce che lo schema di regolamento in oggetto ha lo scopo di completare il disegno della nuova disciplina legislativa concernente l’esercizio di attività professionali regolamentate nella forma collettiva delle società di persone, delle società di capitali e delle cooperative, delineato dall’articolo 10, commi da 3 a 11, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), poi integrato dal decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 37.
Il nuovo quadro normativo costituisce l’esito di una complessa e profonda evoluzione dell’ordinamento, puntualmente illustrata nelle relazioni di accompagnamento del provvedimento, le quali evidenziano il definitivo superamento del tradizionale divieto legislativo di esercizio delle attività professionali in forma societaria. L’innovazione legislativa, poi, risponde alla esigenza di dettare alcune particolari disposizioni, dirette a tutelare gli interessi degli utenti e a garantire la corretta esecuzione delle prestazioni, in un quadro europeo volto alla massima espansione del principio di concorrenza.
Il Ministero sottolinea che le professioni, sia a livello comunitario che internazionale, sono considerate attività economiche e produttrici di ricchezza, rispetto alle quali si pongono le esigenze generali di unificazione dei mercati e di abbattimento delle barriere protettive, frapposte dalle legislazioni nazionali alla piena integrazione dell’ordinamento economico. La nuova dimensione sovrastatale dei bacini di offerta delle prestazioni professionali e della corrispondente domanda dell’utenza, presuppone, quindi, la creazione di strutture organizzative di maggiore ampiezza e dotate di mezzi personali e materiali di cui difficilmente il professionista individuale può disporre. In questa prospettiva, quindi, le forme societarie, personali, di capitali e cooperative, costituiscono utili strumenti per creare organizzazioni efficienti preordinate allo svolgimento di prestazioni professionali qualitativamente elevate.
L’amministrazione riferente evidenzia, poi, la piena compatibilità della normativa primaria con l’articolo 33, comma quinto, della Costituzione, che impone l’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio delle professioni regolamentate. A giudizio del Ministero, infatti, occorre muovere dalla distinzione concettuale tra esercizio ed esecuzione dell’attività professionale: mentre il primo può essere svolto tanto in forma collettiva, quanto associata, la seconda può essere svolta esclusivamente dalla persona fisica del professionista abilitato.
Ciò chiarito in termini generali, la relazione illustrativa espone che il provvedimento in esame è diretto ad attuare l’articolo 10, commi da 3 a 11, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), poi modificato dal decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 37, il quale ha abrogato espressamente la legge 23 novembre 1939, n. 1815 (contenente il risalente divieto di costituzione di società per l’esercizio di attività professionali) e ha delineato i tratti essenziali della disciplina delle società tra professionisti.
In particolare, il citato comma 10 dell’articolo 10 demanda allo strumento regolamentare la disciplina attuativa di determinati aspetti di dettaglio delle nuove società professionali, stabilendo che “ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro sei mesi dalla data di pubblicazione della presente legge, adotta un regolamento allo scopo di disciplinare le materie di cui ai precedenti commi 4, lettera c), 6 e 7.”
A loro volta, le tre “materie” richiamate dal citato articolo 10, comma 10, sono così descritte dalla disposizione legislativa:
1) “criteri e modalità affinché l’esecuzione dell’incarico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l’esercizio della prestazione professionale richiesta; la designazione del socio professionista sia compiuta dall’utente e, in mancanza di tale designazione, il nominativo debba essere preventivamente comunicato per iscritto all’utente” (comma 4, lettera c);
2) “la partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti” (comma 6);
3) “i professionisti soci sono tenuti all’osservanza del codice deontologico del proprio ordine, così come la società è soggetta al regime disciplinare dell’ordine al quale risulti iscritta. Il socio professionista può opporre agli altri soci il segreto concernente le attività professionali a lui affidate.” (comma 7).
Coerentemente, lo schema di regolamento predisposto dal Ministero si compone di quattro distinti capi, riferiti, rispettivamente, oltre che alle disposizioni generali (capo I), ai tre specifici settori individuati dalla norma legislativa:
- il conferimento e la esecuzione dell’incarico professionale (capo II);
- la partecipazione alla società tra professionisti (capo III);
- l’iscrizione all’albo professionale e il regime disciplinare (IV).
Nel suo insieme, lo schema di regolamento in esame deve essere valutato positivamente, perché sviluppa in modo adeguato i principi espressi dalla normativa di livello legislativo, completando, con organicità e chiarezza, il disegno ordinamentale tracciato dalla recente riforma, nel rispetto delle scelte di fondo compiute dalle previsioni di rango primario.
Con riferimento al contenuto delle singole disposizioni, tuttavia, la Sezione svolge le osservazioni di seguito illustrate.
All’articolo 2, comma 2, lo schema prevede che “il presente decreto non si applica alle associazioni professionali e alle società tra professionisti costituite secondo modelli vigenti alla data di entrata in vigore della legge di cui al comma 1”.
La disposizione ha lo scopo di chiarire in modo puntuale l’ambito oggettivo di applicazione e il regime transitorio della nuova regolamentazione secondaria, raccordandosi con quanto stabilito dal comma 9 dell’articolo 10 della legge n. 183/2011, secondo cui “restano salve le associazioni professionali, nonché i diversi modelli societari già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge”.
In questa prospettiva, allora, la norma potrebbe apparire superflua e dovrebbe essere espunta dall’articolato, per evitare inutili appesantimenti del testo. D’altro canto, la sede regolamentare non sarebbe certamente idonea a risolvere eventuali dubbi interpretativi in ordine alla possibile limitata applicabilità di alcune regole della nuova disciplina legislativa anche alle preesistenti società (per esempio, con riguardo agli obblighi informativi nei confronti dell’utente, o al regime disciplinare, oppure alle sopravvenute incompatibilità derivanti dalla partecipazione a diverse società).
Analogamente, l’articolo 3, comma 1, potrebbe risultare sostanzialmente ripetitivo della disciplina legislativa e, pertanto, anche esso potrebbe essere soppresso. In alternativa, la disposizione potrebbe essere riformulata in modo da esplicitare che l’attuazione regolamentare del principio espresso dalla fonte primaria, secondo cui l’incarico deve essere eseguito esclusivamente dal socio professionista, si sostanzia attraverso l’imposizione di una serie di puntuali obblighi informativi in capo alla società, che si aggiungono ai doveri derivanti dall’atto costitutivo e dal contratto sociale.
All’articolo 4, per maggiore chiarezza, potrebbe essere preferibile riformulare l’ordine degli obblighi di informazione gravanti sulla società. In particolare, si consiglia di anteporre l’informazione concernente il diritto del cliente di chiedere che l’esecuzione dell’incarico conferito alla società sia affidata ad uno o più professionisti da lui scelti.
Inoltre, allo scopo di tutelare in modo più completo le ragioni e gli interessi del cliente, è opportuno prevedere, al comma 2, che la società professionale debba consegnare al cliente l’elenco scritto non solo dei soci professionisti, ma anche dei soci con finalità di investimento: tale adempimento, oltre tutto, rappresenterebbe uno strumento ulteriore di verifica preventiva in ordine alla eventuale presenza di situazioni di conflitto di interesse.
Al comma 3 potrebbe essere utile prevedere che anche l’atto con cui la società designa il singolo professionista sia comunicato per iscritto al cliente, nei casi in cui questi non abbia preventivamente esercitato il diritto di scegliere il professionista.

All’articolo 5, riferito all’esecuzione dell’incarico, è consigliabile chiarire che la collaborazione di sostituti e di ausiliari del professionista debba essere circoscritta, di regola, solo a particolari attività, caratterizzate da sopravvenute esigenze non prevebili, e vada comunque ricondotta alle regole generali riguardanti la fiduciarietà e la personalità dell’incarico conferito al singolo professionista. In quest’ottica, la sostituzione e la collaborazione riferite ad attività di maggiore rilievo e ampiezza, non connesse a nuove vicende, invece, devono essere sottoposte al regime più garantistico per il cliente, previsto dall’articolo 4, incentrato sull’obbligo di comunicazione preventiva dei nominativi dei soggetti incaricati della effettuazione delle prestazioni.
All’articolo 6, comma 3, si prevede che i soci per finalità di investimento possono fare parte di una società professionale solo ove non abbiano riportato “condanne definitive” e siano in possesso dei requisiti di onorabilità previsti per la iscrizione all’albo professionale cui la società è iscritta.
La previsione, diretta a specificare il regime di “incompatibilità” di tale categoria di soci, dovrebbe essere resa più chiara, poiché l’ampio e indeterminato riferimento a tutte le ipotesi di condanna (si intende: penale) è idoneo a comprendere ogni fattispecie di illecito definitivamente accertato, compresi gli episodi isolati di gravità minore o risalenti nel tempo, o non collegati con l’oggetto della società.
Il rigore espresso dalla formula utilizzata nello schema è verosimilmente ispirato dalla comprensibile cautela con cui deve ammettersi l’inserimento di soci di investimento nell’ambito di organizzazioni societarie destinati allo svolgimento di attività professionali: in questa logica, è possibile prevedere requisiti di moralità e di onorabilità particolarmente selettivi. Tuttavia, in mancanza di apposite indicazioni in tal senso nella normativa di livello legislativo, è opportuno che l’amministrazione referente valuti con la massima attenzione la portata delle scelte compiute, illustrandole nella relazione di accompagnamento.
Inoltre, per evitare incertezze applicative, si suggerisce di specificare anche quale incidenza possano assumere vicende quali l’estinzione del reato, o l’intervenuta riabilitazione.
Per contro, potrebbe essere opportuno menzionare, tra i requisiti di onorabilità, anche quelli relativi alla mancata sottoposizione a misure di prevenzione.
La sezione sottopone all’amministrazione riferente anche l’opportunità di attribuire rilievo ai requisiti soggettivi degli amministratori delle società che intendano acquisire, a loro volta, la qualità di soci (di investimento) della società professionale.
La norma primaria non sembra escludere tale eventualità e, pertanto, è necessario stabilire, sin d’ora, adeguati meccanismi di verifica del possesso dei prescritti requisiti in capo alle persone fisiche titolari dei poteri di amministrazione.
La specifica previsione di una particolare limitazione riguardante requisiti dei soci di investimento lascia impregiudicata la questione relativa alla portata applicativa della incompatibilità prevista dall’articolo 10, comma 6, della norma legislativa, la quale si limita ad affermare, genericamente, che “la partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti”. Correttamente, quindi, la relazione illustrativa afferma che “la fonte regolamentare lascia all’interprete l’opzione circa la possibilità, o meno, di ritenere che la norma primaria sia idonea ad introdurre un’incompatibilità di partecipazione a più società tra professionisti estesa a tutti i soci (anche capitalisti), ovvero se detta limitazione sia riferibile ai soli soci professionisti”.
All’articolo 7 si prevede che l’iscrizione nel registro delle imprese ha la funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia, ai fini della verifica della incompatibilità di cui all’articolo 6 (divieto di partecipazione del professionista a diverse società professionali).
In tal modo, l’amministrazione referente conferma che la società è soggetta ad un doppio regime di iscrizione (albo professionale e registro delle imprese), corrispondente alla particolare fisionomia del soggetto, che ha la struttura formale della società, ma svolge attività professionale.
E’ opportuno chiarire ulteriormente, tuttavia, che la situazione di incompatibilità potrebbe emergere non solo dai dati contenuti nel registro delle imprese, ma pure dall’esame delle risultanze delle iscrizioni all’albo della società professionale.
In ogni caso, sembra opportuno delineare le modalità procedimentali e temporali attraverso le quali l’eventuale accertata situazione di incompatibilità debba essere rimossa e quali altre conseguenze si determinino, eventualmente, sul piano disciplinare, in capo alle società e al singolo professionista.
All’articolo 10, la previsione richiama, nella sostanza, i contenuti essenziali della disciplina del “preavviso di rigetto”, di cui all’articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. Si tratta, pertanto, di una regolamentazione che potrebbe essere riformulata e resa più coerente con la normativa generale.
L’articolo 12 regola il regime disciplinare della società, in attuazione dei principi espressi dalla disposizione di rango legislativo.
Potrebbe essere utile chiarire, in modo più esplicito, il regime della responsabilità delle società “multidisciplinari”, le quali svolgono più di una attività professionale. Infatti, in linea di principio, queste società devono essere sottoposte al codice disciplinare dell’albo in cui sono iscritte, corrispondente alla loro attività “principale”, alla luce della regola legislativa fissata dall’articolo 10, comma 7. Tale disposizione, tuttavia, non afferma in termini espressi, che la società sia sottoposta al solo codice deontologico dell’ordine cui è iscritta. Occorre valutare, quindi, se, in relazione alle attività concretamente svolte e ai comportamenti posti in essere dai singoli soci, non sia opportuno prevedere anche l’applicazione delle particolari regole deontologiche correlate ai settori delle specifiche attività, quanto meno nei casi in cui la violazione commessa dal singolo professionista rappresenti l’esecuzione di indirizzi manifestati dalla società.
In termini più generali, poi, è necessario verificare con la massima attenzione il rapporto tra le condotte poste in essere dai singoli soci professionisti e la responsabilità disciplinare della società, introducendo disposizioni più puntuali.
Il comma 1 afferma il principio generale secondo cui la società risponde delle violazioni deontologiche dell’ordine al quale risulti iscritta. Ma la previsione del comma 2 è incentrata sulla regola secondo cui “se la violazione deontologica commessa dal singolo socio professionista è ricollegabile a direttive impartite dalla società, la responsabilità disciplinare del socio concorre con quella della società.”
È opportuno chiarire se, in tal modo, si intenda affermare la regola secondo cui la società risponde soltanto nei casi in cui abbia adottato precisi atti di indirizzo, eseguiti dal singolo professionista, mentre, al contrario, andrebbe sempre esclusa la responsabilità disciplinare della società, in tutti i casi di violazioni commesse materialmente dai singoli soci e sia configurabile una mera omissione di controllo o di vigilanza.
Il Collegio prende atto della circostanza che il regolamento non detta alcuna disposizione attuativa della previsione contenuta nell’articolo 10, comma 7, secondo periodo, in forza del quale: “Il socio professionista può opporre agli altri soci il segreto concernente le attività professionali a lui affidate.” Si tratta, all’evidenza, di una norma autoapplicativa, che non sembra richiedere alcuna specifica previsione attuativa di carattere regolamentare. Valuterà il Ministero l’opportunità di integrare la relazione illustrativa con l’indicazione della scelta compiuta in tal senso.
Da ultimo, la Sezione raccomanda al Ministero riferente di acquisire il concerto formale del Ministro per lo sviluppo economico, manifestato, eventualmente anche attraverso un atto adottato dal titolare di uno degli Uffici di diretta collaborazione del Ministro, secondo la consueta formula “d’ordine del Ministro”.

P.Q.M.
Esprime il parere nei sensi indicati in motivazione.

L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
Marco LipariLuigi Cossu

IL SEGRETARIO
Massimo Meli

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