Cass. penale, sez. III del 2021 numero 24138 (27/04/2021)




Ai fini della configurabilità della responsabilità del proprietario del fondo sul quale risulta realizzato un manufatto abusivo può tenersi conto non soltanto della piena disponibilità, giuridica e di fatto, del suolo e dell'interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione (in applicazione del principio del "cui prodest"), ma altresì dei rapporti di parentela o di affinità tra esecutore dell'opera abusiva e proprietario, dell'eventuale presenza "in loco" di quest'ultimo, dello svolgimento di attività di materiale vigilanza dell'esecuzione dei lavori, della richiesta di provvedimenti abilitativi successivi, del regime patrimoniale dei coniugi, e complessivamente di tutte quelle situazioni e comportamenti, sia positivi che negativi, da cui possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove di una compartecipazione, anche solo morale, all'esecuzione delle opere da parte del proprietario. Allo stesso tempo, tuttavia, non esiste un catalogo predefinito di indizi dai quali poter univocamente trarre la conclusione della responsabilità del proprietario per gli abusi edilizi commessi nell'area di sedime o sull'immobile di proprietà. E nel contempo le direttrici principali di questi ragionamenti non devono costituire il mezzo per eludere il principio della responsabilità personale da reato e della sua affermazione oltre ogni ragionevole dubbio. È comunque necessario che l'azione appartenga al proprietario sotto ogni profilo, oggettivo (e dunque causale) e soggettivo, e che in questa delicata opera ricostruttiva il giudice penale si conformi ai principi di diritto penale sostanziale utilizzando gli arnesi probatori forniti esclusivamente dal codice di rito.

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