Cass. civile, sez. II del 2013 numero 945 (16/01/2013)




Costituisce innovazione ex art. 1120 c.c., non qualsiasi modificazione della cosa comune, ma solamente quella che alteri l’entità materiale del bene operandone la trasformazione, ovvero determini la trasformazione della sua destinazione, nel senso che detto bene presenti, a seguito delle opere eseguite una diversa consistenza materiale ovvero sia utilizzato per fini diversi da quelli precedenti l’esecuzione della opere. Ove invece, la modificazione della cosa comune non assuma tale rilievo, ma risponda allo scopo di un uso del bene più intenso e proficuo, si versa nell’ambito dell’art. 1102 c.c., che pur dettato in materia di comunione in generale, è applicabile in materia di condominio degli edifici per il richiamo contenuto nell’art. 1139 c.c.. In sostanza, perché possa aversi innovazione è necessaria l’esecuzione di opere che, incidendo sull’essenza della cosa comune, ne alterino l’originaria funzione e destinazione.

Da un lato le innovazioni designano le nuove opere, le modificazioni, materiali o funzionali, dirette al miglioramento, all’uso più comodo o al maggior rendimento delle parti comuni nell’interesse di tutti i condomini, che possono essere deliberate dall’assemblea con la maggioranza qualificata; dall’altro, il giudizio sulla liceità di una delibera dipende dal suo contenuto precettivo e, talora, si giustifica alla stregua degli effetti, in considerazione della sua incidenza sui poteri e sulle facoltà inerenti ai diritti dei condomini.

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