Cass. civile, sez. I del 1997 numero 2858 (02/04/1997)


L'art. 2624 cod. civ., nel sanzionare penalmente gli amministratori delegati, i direttori generali, i sindaci e ai liquidatori di società che sotto qualsiasi forma, sia direttamente sia per interposta persona, contraggano prestiti con la società che amministrano o con società controllante o controllata, ovvero si facciano prestare da una delle dette società garanzie per i debiti propri, punisce la violazione di un dovere di fedeltà attuato con abuso del potere conferito, a prescindere dalla concreta lesività di tale violazione per il capitale sociale, così dando vita ad un reato di pericolo presunto, caratterizzato per il profilo oggettivo dalla dalla tutela dell'interesse formale al rispetto del dovere di correttezza amministrativa, onde evitare anche il sospetto sul comportamento dei soggetti investiti dei poteri sociali, e sotto il profilo soggettivo dal dolo generico, con esclusione della consapevolezza del danno o del pericolo e della volontà specifica di arrecare l'uno o l'altro. L'atto posto in essere in violazione di tale divieto ricade nella previsione di nullità di cui all'art. 1418 cod. civ, senza che trovi applicazione, in ragione del carattere specifico del conflitto che la norma mira ad evitare, la (più) generale previsione di annullabilità' dell'atto posto in essere dal rappresentante in conflitto di interessi con il rappresentato, e senza alcuna possibilità' di ratifica dell'atto da parte della società', secondo lo schema dell'art. 1399 cod. civ., non potendo quest'ultima disporre del bene tutelato.

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