Cass. civile, sez. I del 1995 numero 7890 (20/07/1995)


Data la necessità di contemperamento delle opposte esigenze di assicurare, da un lato, l'alienabilità delle azioni e, tutelare, d'altro lato, l'interesse della società ad impedire l'ingresso di elementi potenzialmente pregiudizievoli per la compagine sociale, è valida ed efficace una clausola di gradimento che, quantunque non correlata a criteri statutariamente prestabiliti, prescriva l'obbligo, in caso di rifiuto, della designazione di altro acquirente gradito. In ipotesi di validità della clausola di gradimento è legittimato a chiedere l'autorizzazione per l'alienazione dei titoli azionari il solo socio alienante; qualora invece la clausola sia ritenuta nulla o il rifiuto illegittimo, anche il socio acquirente sarà legittimato a far valere l'opponibilità del trasferimento alla società. Su un piano distinto sembrano doversi invece collocare le clausole di mero gradimento non contenenti il correttivo della necessaria designazione di un acquirente alternativo gradito: si tratta infatti di clausole la cui illegittimità era già affermata dalla prevalente giurisprudenza con riferimento all'ordinamento previgente. Al riguardo la novità introdotta dalla riforma consiste, da un lato, nella precisazione che l'obbligo di acquisto va posto "a carico della società o degli altri soci" (ma non vedrei ostacoli a soggiungere: "o da persona concordemente indicata" dalla prima o dai secondi), dall'altro nella possibile previsione dell'ulteriore correttivo, costituito dal riconoscimento del diritto di recesso al socio che non può alienare la partecipazione per il rifiuto del gradimento.

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