Cass. civile, sez. II del 2020 numero 9226 (20/05/2020)




Il rifiuto del promissario acquirente di stipulare la compravendita definitiva di un immobile privo dei certificati di abitabilità o di agibilità e di conformità alla concessione edilizia (anche ove il mancato rilascio dipenda da inerzia del Comune, nei cui confronti è obbligato ad attivarsi il promittente venditore) è da ritenersi giustificato perché l’acquirente ha interesse ad ottenere la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere la funzione economico-sociale e a soddisfare i bisogni che inducono all’acquisto, e cioè la fruibilità e la commerciabilità del bene, per cui i predetti certificati devono ritenersi essenziali. Premesso questo, il promissario acquirente di un immobile può recedere dal preliminare anche quando è al corrente che il bene non ha l’agibilità. L’inadempimento del venditore, infatti, è di non scarsa importanza perché la sola conoscenza dell’anomalia non equivale a rinuncia al requisito della regolarità urbanistica del bene.
Il termine stabilito per la stipulazione del contratto definitivo non costituisce normalmente un termine essenziale, il cui mancato rispetto legittima la dichiarazione di scioglimento del contratto, precisandosi, tuttavia, che tale termine può ritenersi essenziale, ai sensi dell’art. 1457 c.c., solo quando, all’esito di indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell’oggetto del contratto (e, quindi, insindacabile in sede di legittimità se logicamente ed adeguatamente motivata in relazione a siffatti criteri), risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di considerare ormai perduta l’utilità economica del contratto con l’infruttuoso decorso del termine.

Documenti collegati

Percorsi argomentali

Aggiungi un commento


Se vuoi aggiornamenti su "Cass. civile, sez. II del 2020 numero 9226 (20/05/2020)"

Iscriviti alla Newsletter di WikiJus!

Iscriviti