Cass. civile, sez. I del 2006 numero 2812 (08/02/2006)


In tema di espropriazione per pubblica utilità si realizza l'espropriazione parziale - con la conseguenza che l'indennità va determinata sulla base della differenza fra il valore dell'unico bene prima dell'espropriazione e il valore della porzione residua, ai sensi dell'articolo 40 della legge n. 2359 del 1865 - allorché la vicenda ablativa investa parte di un complesso immobiliare appartenente allo stesso soggetto e caratterizzato da un'unitaria destinazione economica. L'espropriazione di un terreno adiacente a un fabbricato - abbia o meno esso i connotati della pertinenza di cui all'articolo 817 del Cc - peraltro, non è riconducibile nell'ambito della espropriazione parziale e delle regole corrispondenti, se l'unico proprietario dell'insieme non riceva un impoverimento maggiore, ristorabile in applicazione del corrispondente criterio di liquidazione differenziale, rispetto a quello ragguagliato al valore del terreno medesimo in sé considerato.Il riconoscimento dell'edificabilità, nel sistema di cui all'articolo 5-bis del Dl 333/1992 (convertito dalla legge 359/1992) è legato alla sola classificazione urbanistica, e non assume alcuna rilievo una pretesa edificabilità di fatto. In particolare, qualora sul fondo espropriato insistano vincoli di destinazione tali da escludere l'edificabilità legale, quale la classificazione di zona a verde pubblico di quartiere e in parte a tutela di corsi d'acqua, l'indennità è commisurata al valore agricolo, senza che rilevi la prevista realizzazione, con modesto indice di fabbricazione, di strutture a servizio del sito (nella specie «attrezzature didattiche, ricreative, posti di ristoro, di fruizione collettiva»). L'edificabilità, in ogni caso, va identificata con l'edilizia privata esprimibile dal proprietario dell'area e non con gli interventi finalizzati unicamente alla realizzazione dello scopo pubblicistico.

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