Cass. civile, sez. I del 1970 numero 288 (07/02/1970)


L'estinzione della società postula il completamento della liquidazione, per cui, fino a quando esiste un debito sociale, continua ad esistere la società e, solo con l'effettiva chiusura della liquidazione, ha inizio il decorso del termine di un anno entro il quale può essere ancora dichiarato il fallimento. Tale principio vale tanto per le società di capitali quanto per quelle di persone (e, relativamente a queste ultime, tanto se regolarmente costituite, quanto se irregolari) e comporta l'assoggettabilità al fallimento delle società che non abbiano estinto tutti i rapporti passivi, quale che sia il momento nel quale esse abbiano cessato di compiere atti materiali di esercizio dell'impresa. L'art. 2275 cod. civ. pone - per le società di persone - la regola della sussidiarietà delle norme sulla liquidazione, in quanto prevede il procedimento formale di liquidazione come fase facoltativa della vita della società di quel tipo, ma non consente di eliminare lo stadio della liquidazione, il quale rappresenta un momento necessario ed insopprimibile per giungere all'estinzione di ogni specie di società. pertanto, nel caso in cui l'azienda sociale sia trasferita in blocco ad uno dei soci o a un terzo, la società disciolta rimane ancora in vita fino a quando non sia attuata la liquidazione, la quale può realizzarsi anche mediante l'espressa manifestazione di volontà dei creditori solidali a liberare la società debitrice e i soci dalla responsabilità su di essi gravante prima della cessione, rispettivamente, in via principale e sussidiaria.

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