Cass. civile, sez. II del 2023 numero 28957 (18/10/2023)



In tema di comunione de residuo, grava sul coniuge che chiede la divisione l’onere della prova della non consumazione ovvero dell’esistenza nel patrimonio del percipiente, al momento dello scioglimento della comunione, dei proventi dell’attività separata dell’altro coniuge.
In caso di comunione pro indiviso di un bene immobile (nella specie costituitasi prima dell’entrata in vigore della l.n. 151 del 1975) tra coniugi, il coniuge comproprietario che abbia pagato al venditore un importo maggiore rispetto alla parte di prezzo da lui dovuta ha diritto di regresso e, ove non abbia ottenuto rimborso, concorre nella divisione del bene per una maggiore quota corrispondente al suo diritto verso l’altro condividente rivalendosi in natura sulla massa, sempre che le parti non abbiano convenuto che i beni acquistati durante il matrimonio e anteriormente alla data di entrata in vigore della l.n. 151 del 1975 siano assoggettati al regime della comunione legale, in forza dell’art. 228, comma 2, della stessa legge, con conseguente applicabilità dell’art. 194, comma 1, cod.civ.

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