Aumento di capitale mediante compensazione e crediti postergati nella s.r.l. (23/2011)


Massima

E’ sempre possibile liberare l’aumento di capitale sottoscritto mediante compensazione con un credito del socio da finanziamento, anche nel caso in cui il termine per il rimborso non sia ancora scaduto.

Non osta a tale operazione neppure il fatto che ricorrano le condizioni per la postergazione dei crediti dei soci stabilite dall’articolo 2467 codice civile, posto che la conversione del credito da finanziamento in capitale di rischio concorre alla protezione degli interessi dei creditori terzi tutelati da tale disposizione.

L’assemblea non deve obbligatoriamente deliberare sulla compensabilità del debito da sottoscrizione, se non per escluderla richiedendo la liberazione dell’aumento mediante versamento in denaro.

1) E’ pratica frequente che nelle società a responsabilità limitata i soci contribuiscano in maniera significativa al finanziamento dell’impresa, fornendo le risorse finanziarie necessarie per lo svolgimento dell’attività.

Altrettanto frequente è la richiesta, in sede di operazioni sul capitale, di poter utilizzare tali finanziamenti al fine di sottoscrivere e liberare il deliberando aumento di capitale. Una parte della giurisprudenza e risalente dottrina nota1 ritiene che non sia possibile liberare l’aumento sottoscritto mediante compensazione con un credito del socio sottoscrittore, ma in realtà non ostano ragioni di fatto o di diritto all’ammissibilità di tale operazione, in quanto la compensazione, benché mezzo di estinzione diverso dall’adempimento, è di fatto satisfattoria dell’interesse del creditore ed ha effetti liberatori per entrambi i soggetti interessati.

Deve evidenziarsi, inoltre, che, da un lato, non esiste una norma che limiti i mezzi con i quali può essere effettuato il versamento della quota capitale sottoscritta e, che, dall'altro, manca qualsiasi pregiudizio per i terzi dato che il mancato versamento materiale viene bilanciato dall’eliminazione di un debito della società nota2.

La stessa giurisprudenza di legittimità ha infatti affermato che il credito del socio di una società di capitali nei confronti della società è compensabile con il debito relativo alla sottoscrizione dell’aumento del capitale sociale, non essendo ravvisabile un divieto implicito, desumibile da principi inderogabili del diritto societario, che impedisca in tal caso l'operatività della compensazione. nota3.

Per la Suprema Corte, mentre la compensazione tra debito di conferimento e credito verso la società non può avvenire in relazione al capitale originario, l'aumento di capitale sottoscritto attraverso l'estinzione per compensazione di un debito del socio non è contrario all'interesse della società o dei terzi, comportando, in concreto, un aumento della garanzia patrimoniale generica offerta dalla società ai creditori, in quanto dalla trasformazione del credito (certo, liquido ed esigibile) del socio in capitale di rischio deriva che detta garanzia non copre più il credito del socio stesso.

2) E’ nota la distinzione tra i finanziamenti destinati alla restituzione ed i versamenti a fondo perduto od in conto future operazioni sul capitale nota4 e diamo quindi per presupposto che nel caso de quo il versamento da utilizzare in compensazione sia qualificabile come finanziamento in senso proprio e quindi correttamente contabilizzato e da indicare in bilancio tra le voci del passivo.

Il legislatore ha riconosciuto espressamente l’aspetto contabile dei finanziamenti dei soci prevedendone l’inserimento alla voce del Passivo (art. 2424 let. D) n.3), ma ha anche manifestato una certa “insofferenza” verso l'uso eccessivo del credito sociale, ritenendo che i finanziamenti effettuati dai soci dovrebbero essere sostituiti dai conferimenti nota5, come verrà in seguito esplicato.
Analoga posizione ha assunto il legislatore tributario adottando misure di contrasto all’utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione a favore del finanziamento soci nota6.

Tornando all'ipotesi prospettata, deve ritenersi pacificamente ammissibile l’operazione in oggetto in presenza di una compensazione legale, laddove il finanziamento da utilizzare sia ormai scaduto e sia quindi sorto un diritto del socio alla sua restituzione.

Nessun pregiudizio per i creditori sociali è infatti ravvisabile in un aumento di capitale sottoscritto mediante la contestuale estinzione per compensazione di un credito scaduto del socio sottoscrittore, mentre, sul piano economico - patrimoniale, nessun vantaggio deriverebbe ai creditori stessi dall'imporre alla società l'obbligo di pagare il proprio debito nei confronti del socio sottoscrittore e di incassare, contestualmente, la stessa somma da lui dovuta nota7.

Non sono infatti soggetti alla disciplina del 2467 codice civile, che vedremo subito dopo, sia i prestiti “normali”, ossia quelli effettuati non in situazioni di crisi - come richiesto dalla norma (art. 2467, 2° comma c.c.) - ma nella normale fase di vita della società nota8, sia gli «apporti spontanei» nota9 in quanto non possono ricondursi a quella nozione di «finanziamenti» di cui all'articolo in commento comprensiva, infatti, solo dei finanziamenti con obbligo di rimborso nota10.

3) Tale principio, ossia la compensazione legale tra credito da finanziamento e debito da sottoscrizione, merita una più attenta riflessione nell’ipotesi in cui ricorrano le condizioni per la postergazione del credito da compensare.

Il quesito è se possa essere di ostacolo all’operazione in oggetto il fatto che il rimborso dei finanziamenti dei soci possa essere postergato, ex art. 2467 codice civile, rispetto alla soddisfazione degli altri creditori, dato che in tal caso non potremo più parlare di compensazione legale a causa della inesigibilità, temporanea, del credito da parte del socio.

La norma in oggetto non si applica a tutti i finanziamenti effettuati dai soci, ma solo ai finanziamenti concessi quando la generale situazione patrimoniale e finanziaria della società presentava un significativo rischio di insolvenza ed infatti dipende dalla contemporanea presenza dei seguenti presupposti nota11 che dovranno ricorrere nel momento in cui viene effettuata l’erogazione:
  • che vi sia stato un finanziamento da parte del socio che non si sostanzi in una operazioni sul capitale nota12;
  • che il finanziamento sia stato effettuato quando “risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto” o quando esiste “una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”.

Tale norma si ispira ad una valutazione negativa, da parte del legislatore, del ricorso sconsiderato al finanziamento dei soci in luogo del conferimento a capitale o patrimonio nota13, con lo

scopo di impedire una possibile lesione della posizione degli altri creditori sociali che potrebbero essere danneggiati dalla posizione di socio ricoperta dal finanziatore nota14.

E’ in queste situazioni che possono aversi i maggiori rischi di comportamenti opportunistici da parte dei soci a danno dei creditori, posto che i soci che finanziano la propria società godono di migliori informazioni e sono portatori di un interesse non coincidente con quello dei creditori nota15.

I soci, infatti, potrebbero utilizzare la propria posizione “interna” per avere in anticipo informazioni su possibili difficoltà economiche ed ottenere il rimborso del proprio finanziamento prima che lo stato di insolvenza si manifesti ufficialmente.

Finanziando la società, i soci mirano anche a proteggere il loro diritto a percepire futuri utili o plusvalenze, ma nello stesso tempo costituendosi il diritto a partecipare alla ripartizione del patrimonio, come gli altri creditori, nel caso di insolvenza della società nota16.

Il rimedio della postergazione (e della revocabilità del rimborso eseguito nell’imminenza dell’insolvenza) appare infatti strumentale alla conservazione del patrimonio responsabile quale mezzo di garanzia indiretta dei creditori e di mantenimento del rischio d’impresa in via prioritaria in capo a chi, partecipando al capitale, partecipi dei benefici dell’impresa in regime di limitazione della responsabilità nota17.

4) Ciò posto, appare evidente come l’aumento mediante compensazione, anche in presenza di una possibile postergazione, non possa ritenersi in contrasto con lo spirito della norma, ma al contrario ne sia naturale conseguenza.

L’estinzione per compensazione non pregiudica i creditori della società in quanto, anche se non determina l’ingresso di una attività reale, elimina una passività sicuramente reale e questo risultato realizza ugualmente la copertura richiesta dalla legge grazie al principio secondo il quale la diminuzione del passivo è un incremento patrimoniale come l’aumento dell’attivo nota18.

Al contrario, l’operazione appare tutelare proprio la posizione dei creditori della società in quanto l’effetto della compensazione è quello di rendere definitivamente inesigibile (dato che il rimborso del capitale è l’ultima delle fasi della liquidazione) quel credito che invece lo sarebbe solo transitoriamente per l’operare della postergazione.

Il 2467, infatti, fa sì che il finanziamento del socio, in presenza di quel disequilibrio della struttura finanziaria che avrebbe richiesto “ragionevolmente” un conferimento, venga assimilato al regime cui sarebbe stato soggetto qualora l’apporto fosse stato eseguito a titolo di conferimento, considerato che, nella crisi della società, un credito postergato finisce in pratica per essere rimborsato solo all’esito del pagamento degli altri crediti e della ripartizione dell’eventuale residuo attivo.

La postergazione, tuttavia, non opera una riqualificazione del rapporto tra socio e società relativamente ai finanziamenti erogati che tali rimangono, non trovando applicazione la disciplina del capitale nominale (non si imputano a capitale, la loro restituzione non passa attraverso una riduzione reale del capitale), ma si limita a dispiegare i suoi effetti sul piano dei rapporti con gli altri creditori nota19.

I finanziamenti rimangono soggetti alla disciplina loro propria, ma vengono retrocessi rispetto agli altri rapporti di credito; non viene introdotto un generico divieto di rimborso dei finanziamenti e loro esigibilità viene subordinata, non alla preventiva soddisfazione degli altri creditori, né al venir meno di un eccessivo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto, ma alla verifica da parte degli amministratori dell’irrilevanza di tale rimborso rispetto alla capacità della società di far fronte alle proprie obbligazioni nota20. Solo se il rimborso del finanziamento del socio può mettere a repentaglio la possibilità di soddisfare gli altri creditori, l’amministratore dovrà astenersi dal procedere al pagamento nonostante la scadenza del termine pattuito nota21.

Ogni operazione che comporti la “conversione” di un finanziamento in investimento partecipativo del rischio d’impresa, pertanto, deve ritenersi in sintonia con lo spirito della stessa norma sulla postergazione quale espressione di un divieto di rimborso finché la società è a rischio insolvenza, per cui non possono esservi ostacoli ad una compensazione quanto meno volontaria nota22.

La postergazione legale del credito del socio determina, infatti, l'inefficacia dell'eventuale termine per il rimborso stabilito tra socio e società nell'accordo di finanziamento: il mancato rimborso alla scadenza non comporterà la mora del debitore ex art. 1218 c.c., dal momento che il ritardo nell'adempimento discende da un obbligo di legge, ma non potrà neppure consentire una compensazione legale, dato che il termine per il rimborso non può intendersi scaduto.
Del resto, quando il legislatore ha voluto vietare la compensazione nel campo societario, lo ha fatto espressamente (v. art. 2271 codice civile) nota23.

A fronte di “finanziamenti” in senso proprio, ossia connotati dall’obbligo restitutorio, non può poi parlarsi di aumento di capitale gratuito, perché tali apporti rappresentano dei debiti della società e non certo delle riserve o comunque dei fondi disponibili allo scopo di consentire l’aumento del capitale.

Da sottolineare, inoltre, che il capitale sottoscritto non viene liberato mediante il conferimento di un credito, per cui non si applica la disciplina prevista dall’art. 2464 codice civile per il conferimento di beni in natura e di crediti nota24, in quanto un conto è il conferimento da parte del socio del credito vantato nei confronti di terzi - la cui figura giuridica deve rinvenirsi in quella della cessione del credito - altro è l’ipotesi in cui il credito del socio sia vantato nei confronti della società stessa.

In altre parole, la compensazione non è una vicenda “traslativa” del credito dal socio alla società, ma una vicenda “estintiva” del credito stesso.

Il credito del socio non rileva come bene economico - come tale suscettibile di valutazione - ma solo per la sua entità numeraria nota25 in quanto la compensazione in parola attiene ad un conferimento in denaro, e non in natura, che viene eseguito proprio mediante tale modalità di estinzione dell’obbligazione nota26.

Nè varrebbe obiettare che l’art. 2423-ter c.6, codice civile, esprime il divieto di compensazione di partite, perché tale disposizione, peraltro diretta agli amministratori, detta una regola di corretta contabilità che impone di trasferire nel bilancio, con chiarezza e precisione, la rappresentazione delle voci che possono determinare situazioni attive o passive, ma non interferisce con la regola civilistica sulla compensazione nota27.

5) E’ tuttavia vero che il meccanismo della compensazione potrebbe prestarsi ad operazioni di elusione della normativa che disciplina i conferimenti in natura. Si pensi all’ipotesi in cui il socio e l’amministratore si accordino affinché il primo venda un bene alla società, che non ne paga il prezzo, per poi consentire la compensazione del credito con il debito derivante dalla sottoscrizione dell’aumento di capitale nota28.

Al fine di fugare dubbi sulla legittimità dell’operazione, può essere pertanto opportuno evidenziare nella delibera le ragioni dell’aumento nota29 in modo da escludere profili di responsabilità degli amministratori che abbiano effettuato una compensazione volontaria laddove l’interesse della società fosse stato invece quello di ottenere nuove risorse finanziarie e non tanto di sola patrimonializzazione.

La decisione di accettare la compensazione come modalità di liberazione del capitale sottoscritto è atto gestionale e quindi riservato agli amministratori. Grava su di loro l’onere di valutare se il deliberando aumento richieda necessariamente l’apporto di capitali freschi oppure no e quindi su di loro ricadranno le eventuali responsabilità connesse a tale scelta.

Come qualsiasi atto di gestione, quindi, la compensazione non dovrà essere autorizzata dall’assemblea, ma, eventualmente, espressamente esclusa qualora gli interessi della società e le ragioni del deliberato aumento impongano che l’esecuzione avvenga esclusivamente mediante effettivi versamenti.

In tal caso l’esclusione dovrà passare attraverso una previsione espressa da parte dell’assemblea dell’obbligo di liberare esclusivamente in denaro il deliberando aumento posto che, quantomeno qualora ci si trovi di fronte ad una ipotesi di compensazione legale, l’operare della compensazione sarebbe automatico; adottando una simile delibera, invece, il socio che decida di sottoscrivere l’aumento ne accetterà anche le modalità di liberazione “rinunciando” quindi ad avvalersi della compensazione nota30.

Altro argomento a sostegno dell’utilità di una delibera che preveda espressamente la compensabilità dell’aumento, può ritrovarsi nell’opportunità di dare atto di una compensazione che, potendo non essere legale in presenza di finanziamenti non scaduti, potrà comunque essere volontaria.

Tale modalità di liberazione dell’aumento richiede infatti necessariamente il consenso del socio che ha effettuato il finanziamento, considerato che lo stesso non è acquisito al patrimonio della società dovendo essere restituito al socio nota31. Tale consenso potrà quindi essere prestato in occasione della delibera di approvazione dell’aumento, così come essere acquisito successivamente.

6) Di contro, dobbiamo tenere presente che l’espressa indicazione dei crediti da compensare contenuta nel verbale dell’assemblea, può determinare il corollario, assai probabile a seguito della sentenza della Cassazione n. 15585 del 30 giugno 2010 nota32, di una tassazione degli enunciati finanziamenti.

La pronuncia in oggetto ritiene infatti che la rinuncia alla restituzione dell’apporto del socio, non formalizzato in un precedente atto scritto, comporti l’enunciazione di una disposizione soggetta a registrazione ai sensi dell’articolo 22 del D.P.R. N. 131/86. In altre parole l’enunciazione del finanziamento costituirebbe una sorta di “riproduzione” per iscritto del contratto verbale determinando quindi l’applicazione della medesima disciplina fiscale che sarebbe stata applicabile se quel contratto fosse stato stipulato per iscritto ab origine nota33.

E’ probabile, pertanto, che le possibili conseguenze fiscali portino all’adozione di soluzioni pratiche che, lungi dall’essere le migliori dal punto di vista civilistico e di trasparenza, creino una “cortina fumogena” protettiva sull’operazione realizzata nota34.

Note

nota1


App. Napoli 7 marzo 1953, Trib. Napoli 9 luglio 1962, Trib. Treviso 4 marzo 1983; Cass. n.13095, 10 dicembre 1992; App. Venezia 30 marzo 1994 e 17 giugno 1994; Trib. Casale Monferrato 20 febbraio 1995. Simonetto “prestazione del socio e compensazione”, Riv. Dit. Comm. 1955; Foschini “La Compensazione nel fallimento”, Napoli 1965 Per una analisi critica delle ragioni contrarie all’ammissibilità della compensazione v.: A. Dentamaro, “Aumento di capitale e compensazione”, Riv. soc. 1997, p. 1027; C.A. Busi “Spa - Srl Operazioni sul capitale”, 2004, p. 207 e ss.
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nota2


C.A. Busi “Spa - Srl Operazioni sul capitale”, 2004, p.211; Trib. Genova 7 luglio 1953.
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nota3


Cass. n. 936 del 5 febbraio 1996; Trib. Milano 9 febbraio 1995; Trib. Piacenza 1 giugno 1995; Trib. Napoli 1 ottobre 1998; App. Potenza 29 gennaio 1999; App. Napoli 13 maggio 2002; App. Roma 3 settembre 2002; In senso favorevole alla compensazione è la prevalente dottrina; cfr., tra gli altri, F. Montanari, “L'aumento di capitale mediante compensazione”, Riv. Soc. 1967, p. 999 ss.; V. Salafia, “Aumento del capitale e conferimento di crediti”, Le Società 1988, p. 225 ss.; M.S. Spolidoro, “Commento al d.p.r. 10 febbraio 1986 n.30”, Nuove leggi civ. Comm., 1988, p. 178; M. Maltoni, “Compensazione del credito del socio verso la società con il debito sorto a suo carico a seguito della sottoscrizione dell’aumento di capitale”, Giur. Comm., 1994, p. 205 ss.; F. Di Sabato, “Sulla estinzione per compensazione del debito di conferimento”, Contr. Impre., 1995, p. 656; A. Bortoluzzi, “Delibera di aumento di capitale per compensazione o eseguita in compensazione?”, Riv. Not., 2002, p. 663 ss.; M. S. Spolidoro, “I conferimenti in danaro”, in Trattato delle società per azioni, vol. 1, 2004, p. 423 ss.
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nota4


L’elemento distintivo tra “versamenti” e “finanziamenti” può sicuramente ritrovarsi nella presenza o meno dell’obbligo restitutorio, ma anche nelle finalità pratiche a cui è diretto l’apporto e nell’eventuale previsione della corresponsione di interessi. Le somme versate dai soci e qualificabili come finanziamento, sono infatti somme versate a titolo di mutuo con diritto alla loro restituzione anche durante la vita della società, in quanto tale restituzione è funzionale alla causa del contratto. Cfr. il § b) 1 del Principio contabile n. 28 ove si chiarisce che i “Versamenti a titolo di finanziamento” sono quelli per i quali la società ha l’obbligo di restituzione. Sulla differenza tra “capitale di rischio” e “capitale di credito” vedi, per tutti, M. Campobasso, I finanziamenti dei soci, Torino, 2004, 119 s. La distinzione deve essere risolta in primis sulla base della volontà manifestata dalle parti ed in mancanza di questa in base alla terminologia adottata dal bilancio approvato anche con il voto del socio che ha versato le somme (v. Cass. N. 12539, 14/12/98, in “Notariato” 1999, p.538 e ss.; Cass., 31 marzo 2006, n. 7692, in Giur. it., 2006, 11, p. 2080; si veda anche C.A. Busi, “S.p.a.-s.r.l. Operazioni sul capitale”, p. 88; M. Rubino De Ritis, “I versamenti non titolati dei soci”, Giur. Merito 2010, p.1021 e ss.)
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nota5


G.A.M. Trimarchi “L’aumento del capitale sociale”, Notariato e nuovo diritto societario, IPSOA, p.70 e ss.
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nota6


V. in passato l’art. 98 del TUIR (successivamente abrogato dall’art.1 c.33, let. l) della L. 244/2007) ed oggi l’art. 96 del TUIR.
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nota7


App. Roma 3 settembre 2002. In senso contrario Trib. Napoli 8 novembre 2006, per il quale la compensazione coinvolgerebbe direttamente gli interessi dei terzi creditori, il cui soddisfacimento è prioritario rispetto ai soci. Si ricorda poi che la postergazione di cui all’art. 2467 codice civile, non può colpire il rapporto società-socio in caso di deterioramento delle condizioni finanziarie della società sopravvenuto rispetto al finanziamento, dato che individua nell’atto di sua erogazione il momento di qualificazione del finanziamento postergato.
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nota8


U. Tombari, “«Apporti spontanei» e «prestiti dei soci» nelle società di capitali”, p. 567; E. Fazzutti, Commento sub art. 2467 c.c., in “La riforma delle società”, a cura di M. Sandulli - V. Santoro, p. 49; D. Scano, “I finanziamenti dei soci nella s.r.l. e l'art. 2467 codice civile”, in Riv. dir. comm., 2003, p. 389.
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nota9


G. Tantini, “I Versamenti dei soci alla società”, Giur. comm., 2003 pp. 797 ss.; Finanziamenti «anomali» dei soci e tutela del patrimonio nelle società di capitali, cit., pp. 143-144; M. Campobasso, I finanziamenti dei soci, pp. 124-125; E. Fazzutti, op. cit., p. 48; di opinione contraria, invece, sembrano: D.U. Santosuosso, La riforma del diritto societario, cit., p. 202; F. Tassinari, Il finanziamento della società mediante mezzi diversi dal conferimento, AA.VV., La riforma della società a responsabilità limitata, Milano 2004, pp. 126 ss..
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nota10


R. Guglielmo, “L’allocazione in bilancio dei finanziamenti e dei versamenti: una questione in via di risoluzione?”, Riv. notariato 2009, p. 365.
Sulle ragioni che inducono ad interpretare nel senso restrittivo indicato la locuzione di «finanziamenti dei soci»ex art. 2467 , 1° comma c.c.: U.Tombari, “«Apporti spontanei» e «prestiti» dei soci nelle società di capitale”, cit. A sostegno della propria conclusione l'Autore invoca anche il testo della Relazione al D.Lgs. n. 6/2003 dove, per l'appunto, si afferma espressamente che «il tema affrontato dalla disposizione di cui all'art. 2467 c.c. è quello dei finanziamenti effettuati dai soci a favore della società che formalmente si presentano come capitale di credito, ma che nella sostanza si presentano come capitale proprio» (p. 148). Ebbene, prosegue, è chiaro come, anche negli intenti del legislatore storico, la disciplina in questione «sia destinata a trovare applicazione solo in ipotesi di finanziamenti che formalmente si presentano come capitale di credito» (pp. 567-568). Al riguardo ancora: M. Campobasso, op. ult. cit., per il quale costituirebbe finanziamento ai sensi del 2467 c.c. «qualsiasi operazione volta a realizzare il trasferimento alla società di una quantità di denaro o di altre cose fungibili, ovvero gliene conceda la disponibilità, con obbligo di rimborso» (p. 117).
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nota11


Cfr. Amplius C. Caccavale, F. Magliulo, M Maltoni, F. Tassinari “La riforma della società a responsabilità limitata”, pag. 123 e ss., IPSOA.
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nota12


Gli apporti patrimoniali dei soci si distinguono tra:
  • Versamenti destinati alla restituzione
  • Versamenti a fondo perduto
  • Versamenti in conto future operazioni sul capitale
I versamenti in conto future operazioni sul capitale, così come quelli a fondo perduto, si sostanziano ab origine in apporti al patrimonio della società, come tali utilizzabili a copertura di perdite maturate o ad aumento del capitale. Non vi è spazio, quindi, per una eventuale postergazione dato che questi finanziamenti non sono mai destinati alla restituzione al socio, se non all’esito della fase di liquidazione.
C.A. Busi, Problemi di qualificazione dei versamenti del socio alla società, in Notariato, 1999, p. 545
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nota13


M.S. Spolidoro “L’aumento del capitale sociale nelle s.r.l.”, par.20; U. Tombari “il nuovo diritto delle società – liber amicorum Gian Franco Campobasso” diretto da P. Abbadessa e G. B. Portale - UTET 2006 - vol 1 pagg. 550 ss. La relazione Vietti, al § 11, si esprime espressamente in tal senso: “L’intento legislativo volto a contrastare forme surrettizie di capitalizzazione è in corso di completamento grazie alla riforma fiscale, ove all’art.4, c.1 lett. g) del disegno di legge approvato al Senato nella seduta del 12.2.2003, si prevedono articolati limiti alla deducibilità degli oneri finanziari relativi a finanziamenti erogati o garantiti dal socio che detiene, direttamente o indirettamente, una partecipazione non inferiore al 10% del capitale sociale.”
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nota14


Cfr. Amplius C. Caccavale, F. Magliulo, M Maltoni, F. Tassinari “La riforma della società a responsabilità limitata”, pag. 125 e ss., IPSOA In tal senso si esprime la Relazione Ministeriale, secondo la quale sono soggette alla norma in questione quelle operazioni in cui “la causa del finanziamento è da individuare nel rapporto sociale (e non in un generico rapporto di credito)”.
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nota15


N. Abriani “Finanziamenti anomali dei soci e regole di corretto finanziamento nella società a responsabilità limitata”, Studi in onore di Giuseppe Zanarone, in corso di edizione.
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nota16


N. Abriani, op. cit.; L. Stanghellini “Il credito “irresponsabile” alle imprese e ai privati”, Società, 2007, p.400
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nota17


G. Balp “Articolo 2467”, in “Commentario alla riforma delle società”, Giuffrè, 2008, p.236.
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nota18


Pisani Massamormile “Conferimenti in s.p.a. e formazione del capitale”, p. 268 e ss.; C.A. Busi, “S.p.a.-s.r.l. Operazioni sul capitale”, p. 213
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nota19


G. Balp, op. cit., p. 245. Deve escludersi che la norma disponga una «riqualificazione coattiva» del finanziamento in conferimento, in quanto è prevista la degradazione ex lege del socio a rango di creditore subchirografario, per cui, anche in tal caso, in presenza di versamenti con diritto alla loro restituzione, permane l'iscrizione dei relativi importi tra i debiti; cfr. M. Rubino De Ritis, op. cit., p.1021 e ss.; G.Tantini, “I Versamenti dei soci alla società”, op. cit., p. 798; ancor più chiaramente: G. Terranova, Commento sub art. 2467 c.c., in Società di capitali, Commentario a cura di G. Nicolini - A. Stagno d'Alcontres, pp. 1454 e 1457. In senso contrario, Trib. Monza 13 novembre 2003, in Società, 2004, 746, con nota di Colavolpe. In relazione al problema della «riqualificazione», con ampio esame dell'esperienze straniere, G.B. Portale, “I «finanziamenti» dei soci nelle società di capitali”, in Banca borsa e tit. cred., 2003, I, 663 ss., ed ivi riferimenti.
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nota20


Solo in caso di una potenziale incapacità dell’impresa di adempiere all’impegno nei confronti dei suoi creditori vi è un rischio concreto di trasferimento all’esterno del rischio d’impresa. G. Balp, op. Cit, p.288.
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nota21


In tal senso N. Abriani op. cit. ed autori citati in nota 34 nell’opera; G. Balp op.cit., p.245; G. Ferri Jr, “In tema di postergazione legale”, in Riv. Dir. Comm. 2004, p.974 ss. In senso contrario, G.F. Campobasso, “I prestiti postergati nel diritto italiano”, in “Ricapitalizzazione delle banche e nuovi strumenti di ricorso al mercato”, a cura di G. B. Portale, p.130 (dovendosi intendere quale condizione sospensiva del diritto al rimborso); A. Ferrucci e C. Ferrentino, “Sull’analicità o sinteticità del verbale, sugli effetti del mancato deposito dei titoli azionari, sulla natura dei versamenti in conto capitale e sull’art.2467 cc.”, Riv. notariato 2009, p.1065 e ss. (ritenendo che i soci finanziatori potranno realizzare il loro credito, sulla base di quello che potrà residuare, solo dopo che si sarà provveduto a pagare tutti gli altri creditori); M. Campobasso “Finanziamento del socio”, in Banca borsa tit. cred. 2008, p. 441 (secondo il quale il finanziamento non può essere rimborsato finché permangono le circostanze che ne hanno determinato la postergazione). In senso dubitativo: M. Maugeri “Finanziamenti «anomali» dei soci e tutela del patrimonio nelle società di capitali”, Milano 2005, p.132 ss. (in quanto la subordinazione discende dall’assimilazione funzionale del prestito al capitale).
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nota22


N. Abriani, op. cit.
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nota23


Il caso disciplinato dall'art. 2271, c.c., è in realtà differente da quello oggetto di questa analisi sotto più punti di vista. Non solo infatti, i due casi divergono per il numero dei soggetti, quanto soprattutto perché nel caso dell'art. 2271, c.c., il debito nei confronti della società grava su un terzo e non su un socio e di conseguenza non può trattarsi di un debito da conferimento dalla presenza del quale appunto sorgono tutti i problemi ai quali si cerca di trovare una soluzione.
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nota24


V. Salafia, “Aumento del capitale e conferimento di crediti”, Le società, 1988, p. 225 e ss.
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nota25


G.A.M. Trimarchi, op. cit.
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nota26


In senso favorevole all’ammissibilità della compensazione: P. Marchetti “Problemi in tema di aumento di capitale”, Aumenti e riduzioni di capitale, Milano, p. 79 e ss.; C. Angelici “Appunti sull’art.2346 codice civile con particolare riguardo alla compensazione” in Giur Comm. 1988, I p.275 e ss.; V. Salafia “Aumento di capitale e conferimento di crediti” Le Società, 1988, p. 225 e ss.; N. Atlante “Compensazione del credito del socio con il debito da sottoscrizione”, Le società 1995 p. 45 e ss.; Cass. N. 936, 05-02-1996, Le società, p. 782; M. Maltoni “Compensazione del credito del socio verso la società con il ebito sorto a suo carico a seguito della sottscrizione del capitale sociale”, Giur. Comm. 1994, p.205. In giurisprudenza: Cass. N.936 del 5 febbraio 1996; n. 4236 del 24 aprile 1998; App. Roma 3 settembre 2002; Trib. Milano 9 febbraio 1995, Trib. Piacenza 1° giugno 1995, App. Campobasso 7 aprile 1993 In senso contrario, ritenendo che in tal modo verrebbero aggirate le norme sull’obbligo della perizia nel conferimento dei crediti, v. F. Di sabato “Sulla estinzione per compensazione del debito di conferimento”, Contratto e Impresa, 1995, p. 656 e ss.
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N. Atlante, op. Ct.; Trib. Isernia, 27 luglio 2004, Trib. Rossano, 24 marzo 2005.
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V. App. Campobasso 7 aprile 1993, sull’inammissibilità della compensazione in caso di crediti sorti successivamente alla delibera di aumento e Trib. Monza 10 giugno 1997, sull’inammissibilità della compensazione nell’ipotesi in cui il credito del socio fosse stato appositamente precostituito.
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Contra: Di sabato “Sull’estinzione della compensazione del debito di conferimento” Contr. e Impr., 1995, p. 611 il quale ritiene nulla una tale delibera in quanto sarebbe competenza degli amministratori decidere di accettare la compensazione. In senso favorevole: Giordano “Note sulla compensabilità del debito da conferimento”, Riv. Soc., 1996, p. 782; G.A.M. Trimarchi, op. Cit; C.A.Busi, “S.p.a.-s.r.l. Operazioni sul capitale”, p. 219. Escludono la necessità di una espressa previsione della possibilità di utilizzare la compensazione, pur ritenendola ammissibile: G. De Marchi, A. Santus, L. Stucchi, “art. 2481-bis”, Commentario alla riforma delle società, p.1215 e ss. V. Trib. GE 14 giugno 2005, per il quale non solo non vi è il diritto del socio ad opporre la compensazione laddove la delibera preveda obbligatoriamente la liberazione mediante versamento in denaro data la necessità di dotare la società di nuovi apporti finanziari, ma la possibilità di operare la compensazione deve essere espressamente prevista dalla delibera.
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Arg. ex art. 1246 c.1 n.4 c.c. La possibilità di limitare le modalità di liberazione dell’aumento imponendo il versamento in denaro e quindi impedendo di fatto la compensazione con crediti da finanziamento vantati dai soci, è sicuramente ammissibile così come l’assemblea può deliberare che la sottoscrizione avvenga con liberazione integrale e non con il versamento del solo 25%.
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R. Guglielmo, op. cit.; G. Tantini, «I versamenti in conto capitale», cit., p. 109
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In Le Società, con nota a commento di A. Busani, n.11/2010, p. 1301 e ss.
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Per un commento critico alla sentenza v. A. Busani “Tassazione per enunciazione del finanziamento soci passato a capitale sociale”, Le Società, n.11/2011, p. 1303.
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Al fine di evitare tale tassazione è quindi presumibile che nella pratica verranno adottate soluzioni che consentano di
differire o di riqualificare la compensazione del finanziamento, quali:
  • il rimborso del finanziamento nell’immediata precedenza dell’assemblea e la successiva liberazione del capitale sottoscritto mediante versamento delle somme appena ricevute in restituzione;
  • La novazione del versamento, già qualificato come “finanziamento”, in riserva in conto futuro aumento capitale;
  • l’adozione della sola delibera di aumento, rimettendo ad un momento successivo la sua esecuzione sì che, verificandosi al di fuori del verbale, se ne eviterà l’enunciazione.
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