Mutamento del compossesso in possesso pieno



L'acquisto a titolo originario del possesso dell'intero bene da parte di colui che sia qualificabile come compossessore (cioè possessore unitamente ad altri) può prescindere da un qualsiasi atto ufficiale di natura oppositiva? Al quesito la giurisprudenza ha fornito risposte non del tutto perspicue. In senso affermativo è stato deciso che, sulla scorta dell'esclusività della situazione di fatto, incompatibile con il pari potere degli altri aventi diritto, un condomino può acquisire per usucapione la parte del bene comune degli altri condomini semplicemente esercitando in via esclusiva il potere di fatto sulla cosa ed inconciliabilmente con la pari possibilità di fruizione di essa da parte degli altri aventi diritto (Cass. Civ., Sez. II, 5416/11; Cass. Civ. Sez. II, 13747/02).
Il punto non è banale: in senso apparentemente divergente rispetto a quanto appena enunziato è stato infatti negato che il coerede possa pretendere, sulla scorta della fruizione e dell'amministrazione in via esclusiva del comune bene ereditario, di far valere l'usucapione su quest'ultimo, escludendo il compossesso degli altri coeredi (Cass. Civ. Sez. II, 13921/02). E' stato al riguardo osservato come non sia sufficiente aver provveduto al pagamento delle imposte, al disbrigo di pratiche catastali, all'esecuzione di opere di manutenzione, quand'anche il tutto fosse avvenuto nella piena consapevolezza da parte dei contitolari, piuttosto occorrendo una condotta inequivocamente diretta a manifestare il mutamento del proprio animus, nel senso di escludere per gli altri coeredi la possibilità di instaurare una situazione possessoria con il bene. Tale mutamento di animus, se non può essere esattamente assimilato all'interversione del possesso (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 22444/2019), risulta quantomeno assai affine al detto fenomeno. La differenza è comunque qualitativa: nell'interversione infatti la detenzione muta in possesso, mentre nel caso in considerazione si verificherebbe un ampliamento quantitativo di un possesso che è già tale, ma originariamente limitato ad una quota del bene. E' stato così deciso nel senso che possa essere dichiarata l'usucapione nella precitata ipotesi del bene appartenente a coeredi, quando uno di essi eserciti il possesso in maniera piena, tale cioè da escludere radicalmente una pari situazione possessoria in capo all'ulteriore contitolare (Cass. Civ., Sez. II, 14467/11). Non basterebbe tuttavia l'atteggiamento meramente omissivo dei coeredi: cfr. Cass. Civ., Sez. VI-II, ord. n. 32413 del 3 novembre 2022; Cass. Civ. Sez. II, 9359/2021.
In ogni caso quando un coerede si trovasse teoricamente in una siffatta condizione, dovrebbe quantomeno astenersi dal porre in essere atti che si potrebbero palesare come incompatibili con una situazione possessoria. E' stato infatti deciso che la divisione negoziale intervenuta prima del decorso del tempo previsto per l'usucapione comporti implicitamente il riconoscimento della situazione di comproprietà del bene da parte del coerede (Cass. Civ., Sez.II, 9633/13).
Ancora (ed a riprova di quanto riferito) è stato escluso che un precarista possa usucapire un bene goduto in via esclusiva, tuttavia in difetto di manifestazione di un atto oppositivo tale da far scattare gli effetti dell'interversione del possesso (Cass. Civ. Sez.II, 16489/02). Nella fattispecie, nel fatto assolutamente analoga a quella di cui alla citata pronunzia (Cass. Civ. Sez. II, 13747/02), l'occupazione di fatto di una parte dell'area comune condominiale era intervenuta da parte degli assegnatari di alloggi in cooperativa. Lo schermo costituito per l'appunto dall'esistenza dell'ente assegnante, il quale aveva semplicemente trasferito la mera detenzione dei beni e non già il possesso dei medesimi agli assegnatari, spiega il divergente esito interpretativo.

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