La vita e le libertà personali



La vita è certamente un bene giuridico protetto dall'ordinamento: tuttavia, la lesione della vita non comporta il risarcimento del danno a favore del titolare del diritto leso, ma di soggetti differenti, legati alla vittima da rapporti di sangue o di convivenza.

Nell'applicazione giurisprudenziale, il "diritto alla vita" è stato utilizzato in un'ampia gamma di significati: il diritto a nascere, il diritto a nascere sani nota1 , il diritto alla serenità della vita, il diritto a procreare nota2 , ecc..

Quanto alle libertà personali, giova porre talune distinzioni. Per quel che riguarda i profili attinenti all'ingiusta detenzione, deve farsi riferimento alla disciplina processualpenalistica.

Per quel che attiene alla lesione di altri diritti, ci si chiede se sia prospettabile una tutela risarcitoria e quale sia il soggetto obbligato. Così, ad esempio, si sono presi in considerazione:
  1. il diritto alla difesa ed all'amministrazione della giustizia
  2. il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione
  3. il diritto alla libertà di espressione
  4. il diritto alla libertà di riunione ed associazione.

Orbene, mentre per la libertà di associazione debbono essere considerati anche i c.d. rapporti orizzontali, vale a dire i rapporti tra privati nota3 , per gli altri casi, viceversa, pare che l'azione risarcitoria possa esperirsi solo avverso lo Stato di cui l'individuo sia cittadino.

Note

nota1

Così, secondo il Tribunale Bergamo, 16/11/1995 , qualora, per errore di lettura dell'esame da parte dell'ecografista e di conseguente mancata colposa informazione alla madre circa le malformazioni del nascituro, sia stata esclusa in radice la possibilità di interrompere la gravidanza a norma dell'art. 6, lett. b) l. 22 maggio 1978, n. 194, sussiste la responsabilità diretta - ad un tempo contrattuale ed aquiliana - del sanitario e dell'ospedale datore di lavoro del primo per il pregiudizio patito da entrambi i genitori in conseguenza della nascita di un figlio portatore di "handicap" fisico, pregiudizio che deve essere risarcito sia ai sensi dell'art. 1225 cod. civ. che secondo l'art. 2043 cod. civ. .
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nota2

Così, secondo il Tribunale Milano, 20/10/1997 , la scorretta esecuzione dell'intervento di sterilizzazione ha leso il diritto alla procreazione cosciente e responsabile: diritto che trova il proprio referente nell'art. 13 Cost. che riconosce la libertà di autodeterminarsi anche in ordine ad atti che coinvolgono il proprio corpo. La sua lesione, in quanto lesione di un diritto assoluto, è apprezzabile ai sensi dell'art. 2043 cod. civ. e consente, tanto al singolo quando alla coppia, il diritto di ottenere il risarcimento del danno per la lesione in sè che viene liquidato equitativamente, adottando come parametri di riferimento, per un verso, l'entità del ristoro del danno morale, comunemente riconosciuto per lesioni gravissime o per la perdita dei congiunti, per altro, del risarcimento solitamente liquidato nei casi di lesione dei diritti all'immagine o alla reputazione. Sono risarcibili altresì le conseguenze pregiudizievoli costituite non già dal costo del mantenimento del figlio, ma dall'impossibilità per i genitori di spendere, a proprio esclusivo vantaggio, secondo il modello di vita che si erano prefigurati, parte dei propri redditi.
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nota3

In tema di esclusione del socio dalla società, si ricordino le seguenti pronunce: Cass. Civ. Sez. Lavoro, 8959/92 : "La disciplina dettata per l'esclusione del socio dalla società semplice dall'art. 2287 cod. civ. trova applicazione per l'impresa collettiva appartenente per quote (uguali o diverse) a più persone ma non per l'impresa familiare di cui all'art. 230 bis cod. civ. , che appartiene sempre al suo titolare, mentre i familiari partecipanti hanno diritto solo ad una quota degli utili. In tale ipotesi, l'esclusione può quindi avvenire solo nei confronti dei predetti familiari con il diritto, oltre che alla liquidazione della quota spettante, al risarcimento del danno per il caso in cui l'esclusione sia ingiustificata, non potendo il titolare dell'impresa essere privato dell'esercizio della propria attività economica ed essere espropriato dei beni aziendali e dei capitali, che restano di sua esclusiva proprietà dei beni aziendali e dei capitali, che restano di sua esclusiva proprietà anche dopo la trasformazione dell'originaria impresa individuale in impresa familiare"; Cass. Civ. Sez. I, 4259/97 : "La struttura e la base contrattuale delle società cooperative comportano, di regola, e salvo specifiche norme di eccezione, l'insussistenza in capo all'aspirante socio, in possesso dei requisiti stabiliti dalla legge o dall'atto costitutivo, di una posizione soggettiva tutelabile, sia nella forma del diritto soggettivo che dell'interesse legittimo, con conseguente non configurabilità del diritto al risarcimento per la mancata ammissione, e ciò anche quando sia garantito per legge al singolo il diritto di svolgere l'attività costituente lo scopo sociale della cooperativa (nella specie: libera raccolta dei tartufi in boschi e terreni incolti di proprietà altrui, in base alla l. 17 luglio 1970, n. 568, applicabile " ratione temporis ", poi abrogata dalla l. 16 dicembre 1985, n. 752) salvo che lo statuto sociale attribuisca al richiedente, nel concorso di determinati requisiti un diritto all'iscrizione o ad una pronunzia espressa sulla domanda di ammissione, diritto non configurabile tuttavia per la sola previsione statutaria di un meccanismo di reclamo interno avverso la decisione di esclusione.
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