Diritti dell'usufruttuario



I diritti dell'usufruttuario consistono essenzialmente nell'espressione delle facoltà connesse al godimento ed alla disposizione del bene, elementi ai quali sono riconducibili i seguenti aspetti:
  1. disponibilità del diritto di usufrutto (art. 980 cod.civ.): l'usufruttuario ha la facoltà di dare in locazione le cose che formano oggetto del suo diritto (art. 999 cod.civ.), di cedere a vario titolo ad altri il proprio diritto ovvero di costituire una garanzia reale come l'ipoteca (art. 2810 , n. 2, cod.civ.)nota1. E' evidente che l'alienabilità dell'usufrutto deve fare i conti con le regole già esaminate in tema di durata e di limiti del diritto stesso, limiti spesso connessi alla durata della vita dell'usufruttuario. Occorre segnalare la peculiarità della regola introdotta dall'art. 999 cod.civ. in tema di durata della locazione conclusa dall'usufruttuario. In applicazione del principio resoluto iure dantis resolvitur et ius accipientis, le locazioni concesse dall'usufruttuario dovrebbero infatti estinguersi quando si estingue l'usufrutto. Tuttavia il legislatore ha consentito, al fine di assicurare al conduttore una certa continuità del rapporto, che le locazioni in corso al momento della cessazione dell'usufrutto possano proseguire per la durata stabilita. Il tutto a condizione che la locazione e la sua durata risultino da atto pubblico o da scrittura privata con data certa ed in ogni caso per un periodo non superiore ad un quinquennio dalla cessazione dell'usufrutto. Peraltro, se l'estinzione dell'usufrutto si verifica per effetto della scadenza del termine fissato per la sua durata (termine, quindi, che il conduttore era in grado di conoscere al momento della stipula della locazione), la locazione non può durare se non per l'anno in corso (art. 999 cod.civ.) nota2 . Si badi che, come è stato deciso (Cass. Civ. Sez.II, 15599/05 ), il limite quinquennale ai fini dell'opponibilità, è stato reputato derogabile per effetto della volontà privata, come nell'ipotesi in cui il nudo proprietario abbia consentito alla prosecuzione del rapporto oltre detto termine.
Giova osservare che, in ogni caso, la morte dell'usufruttuario non implica l'automatico subingresso nel contratto. Ne segue la teorica possibilità che il rapporto prosegua con gli eredi dell'usufruttuario, nonostante l'estinzione di qualsiasi diritto sull'immobile (Cass. Civ., Sez. III, 14834/2016);
  1. il possesso della cosa (art. 982 cod.civ. ): regola generale è che esso sia conseguito dall'usufruttuario in esito alla predisposizione dell'inventario ed alla prestazione di idonea garanzia. La situazione possessoria in capo all'usufruttuario è tutelabile mediante l'azione confessoria (art. 1079 cod.civ. ). Per il tramite dell' actio confessoria si tende all'accertamento dell'esistenza del diritto di usufrutto e, conseguentemente, ad ottenere una pronunzia diretta ad impedire la prosecuzione delle molestie di fatto o di diritto;
  2. percezione dei frutti naturali e civili che il bene è idoneo a produrre : all'usufruttuario spettano i frutti naturali separati durante l'usufrutto e i frutti civili maturati giorno per giorno, fino al termine dell'usufrutto. Il primo principio è stato corretto dal legislatore, per quanto attiene ai frutti naturali prodotti dal fondo rustico. E' previsto infatti che nudo proprietario ed usufruttuario ripartiscano detti frutti proporzionalmente alla durata del diritto di ciascuno nell'anno agrario (art. 984 cod.civ. ). L'usufruttuario è tenuto alle spese relative all'ordinaria manutenzione e, più in generale, alla conduzione del bene. Con riferimento alla produzione dei frutti, questo significa che, con lo stesso criterio di ripartizione dei medesimi, vengono anche ripartite le spese necessarie per la produzione. Questa regola suole essere compendiata nel noto brocardo fructus non intelleguntur nisi deductis impensis. L'art. 984 cod.civ. pone il problema della distinzione tra la spettanza, intesa come titolarità dei frutti, e l'acquisto dei medesimi (che interviene, per i frutti naturali, in esito alla separazione (cfr. art. 820 cod.civ.). Con il primo termine si indica che i frutti, in forza della vigenza dell'usufrutto, devono esser considerati appartenenti all'usufruttuario sia nel caso in cui questi abbia in concreto il diretto godimento della cosa, sia nel caso in cui non l'abbia. Quando si può dire che l'usufruttuario non abbia il diretto godimento del bene? Tutte le volte in cui egli abbia affittato la cosa o non ne abbia conseguito il possesso. I frutti devono ritenersi di competenza dell'usufruttuario per tutta la durata del diritto in ogni caso, anche quando egli non abbia il godimento diretto della cosa: si ha, quindi, un diritto di credito ai frutti laddove, ordinariamente, quando il godimento dell'usufruttuario è diretto, l'usufruttuario ha un diritto reale sui frutti. In base al principio di spettanza vanno ripartiti i frutti tra proprietario ed usufruttuario nel caso in cui il diritto parziario inizi o finisca nel corso intermedio di un ciclo produttivo di frutti, come già detto, secondo la regola di cui all'art. 984 cod.civ. nota3. Per quanto riguarda i frutti civili si veda la regola di cui all'art. 1000 cod.civ. ;
  3. la legge non vieta all'usufruttuario di effettuare miglioramenti al bene su cui cade il diritto: in tal caso il diritto di credito dell'usufruttuario per i miglioramenti viene limitato alla minor somma tra la spesa e l'aumento di valore conseguito dalla cosa per effetto del miglioramento (art. 985 cod. civ.). Per quanto attiene alle addizioni invece l'usufruttuario vanta uno ius tollendi solo nel caso in cui ciò non arrechi nocumento alla cosa. Se il proprietario preferisce ritenere le addizioni risulta dovuta la minor somma tra lo speso ed il migliorato (art. 986 cod.civ.).

Note

nota1

Si tenga presente che l'art. 2814 cod.civ., introdotto per proteggere i creditori ipotecari in relazione a possibili vicende estintive conseguenti a comportamenti dell'usufruttario, regolando l'estinzione o la conservazione dell'ipoteca a seconda dei casi prospettati, si applica per analogia anche nell'eventualità di costituzione di pegno sull'usufrutto, fattispecie prevista dall'art. 2784, comma II, cod.civ.. Sull'argomento si confrontino Bianca, Diritto civile , vol.VI, Milano, 1999, p.605; Realmonte, in Comm.cod.civ., diretto da Cendon, vol. VI, Torino, 1997, p.319.
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nota2

La dottrina appare divisa circa il problema della durata della locazione conclusa dall'usufruttario e in corso al momento della cessazione dell'usufrutto. I più affermano infatti che, in tema di durata delle locazioni, la disciplina a cui bisogna fare riferimento, è quella enunciatadall'art. 999 cod.civ. , sia pure con esclusione degli immobili urbani destinati ad uso di abitazione, regolati invece dalla Legge 392/78 . Tale opinione non appare condivisibile: sia la legge citata (peraltro ormai quasi completamente abrogata), sia le successive modifiche apportatevi in oltre vent'anni, non hanno mai preso espressamente in considerazione tale norma, molto probabilmente proprio a causa della specificità della fattispecie da essa contemplata. Risulta pertanto ancora preferibile un'applicazione integrale, ma non integrata dell'art. 999 cod.civ.apri. Sul tema si vedano Bigliazzi Geri, Usufrutto, uso e abitazione , in Enc. giur. Treccani, p.10 e in Comm.cod.civ., diretto da Cendon, vol. III, Torino, 1997, p.323; Ghedini, in Commentario breve al codice civile, a cura di Cian-Trabucchi, Padova, 1997, p.870. In tema di fondi rustici, cfr. l'art.41 della Legge 203/82, ai sensi del quale i contratti agrari ultranovennali anche se verbali o non trascritti, sono validi e sortiscono efficacia anche rispetto ai terzi. La detta norma è stata reputata non confliggente con l'art.999 cod.civ. qui in considerazione, dal momento che non riguarderebbe lo specifico rapporto con l'usufruttario (Cass. Civ. Sez.III, 11561/03 ). E' poi il caso di rilevare come ben possa l'usufruttuario sostanzialmente frodare le ragioni del nudo proprietario concludendo, in limine, un contratto di locazione a condizioni economiche assolutamente sfavorevoli per il locatore. Al riguardo è stato deciso come non possa in ogni caso configurarsi un'azione di nullità per frode al terzo (Cass. Civ., sez. III, 7485/08 ) .
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nota3

Conformi sull'argomento sono, tra gli altri, Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.543 e L'usufrutto e i diritti affini, Milano, 1952, p.197; Grosso, Riparto dei frutti nell'anno iniziale e finale dell'usufrutto, in Foro padano, 1961, p.991; Barcellona, Frutti (dir. civ.), in Enc. dir., p.234.
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Bibliografia

  • BARBERO, L’usufrutto e i diritti affini, Milano, 1952
  • BARCELLONA, voce Frutti (diritto civile), Enc. dir.
  • BIANCA, Diritto Civile, Milano, VI, 1999
  • BIGLIAZZI - GERI, Torino, Comm.cod.civ.dir.da Cendon, III, 1997
  • BIGLIAZZI GERI, voce Usufrutto, uso e abitazione, Enc. giur. Treccani, XXXII, 1994
  • GHEDINI, Padova, Comm.breve cod.civ., 1997
  • GROSSO, Riparto dei fruttinell'anno iniziale e finale dell'usufrutto, Foro pad., 1961
  • REALMONTE, Torino, Comm.cod.civ.dir.Cendon, III, 1997

Prassi collegate

  • La facoltà di costruire edifici su fondi gravati da usufrutto

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